Yker, Charles, Haja: le storie di tre ragazzi del Madagascar

Tre malgasci su quattro vivono in una bidonville. Ad Antananarivo molti abitanti non dispongono dell’elettricità, né dell’acqua corrente. Il Madagascar è uno dei Paesi più poveri al mondo, dove la metà della popolazione vive sotto la soglia della povertà, costretta a sopravvivere con meno di 100 ariary al giorno, circa 3 centesimi di euro. Intere famiglie senza un tetto affollano le strade dei quartieri periferici delle città, improvvisando ripari di fortuna con cartone o plastica. Molte altre vivono in baracche di legno, facilmente infiammabili quando durante la stagione secca si è a più alto rischio di incendi e difficili da raggiungere in caso di emergenza. In una situazione tale di estrema povertà e degrado è ancora più preziosa la chance che il Centre Notre Dame de Clairvaux offre ai giovani malgasci.

Storia di Yker

Yker è nato in una povera baracca alla periferia di Antananarivo, nella bidonville di Ankasina, dove vivono stipate più di 15.000 persone. Figlio di una giovane lavandaia e di un padre disoccupato che ha lasciato la famiglia quando il piccolo Yker aveva meno di 3 mesi, ha passato la sua infanzia per strada, abbandonato a se stesso, insieme ad altri bimbi poveri come lui. È cresciuto così, con la mamma poco presente, impegnata a sbarcare il lunario, fra vagabondaggi e promiscuità con altri piccoli compagni,  fino a diventare un ragazzo di strada. Fino a smettere di rientrare la sera nella povera catapecchia che lui e la sorellina Samia, nata dopo di lui da un padre diverso dal suo, hanno sempre chiamato “casa”.

Ma un giorno, quando ormai i suoi unici pasti erano costituiti da una banana o da una pannocchia rubacchiate qua e là, ha incontrato un operatore della ONG Sentinelles che bazzicava il suo quartiere. Il cooperante lo ha portato da padre Erminio, un salesiano italiano responsabile di un centro professionale che accoglie anche ragazzi di strada, e la sua vita è cambiata. Dopo essere stato accolto nel centro che ospita i ragazzi di strada (Centre Notre Dame de Clairvaux) ha intrapreso un percorso di alfabetizzazione perché non sapeva né leggere né scrivere, dopodiché ha iniziato a frequentare un corso  professionale per diventare muratore. Sta imparando anche a pregare mentre si prepara a ricevere il battesimo. Dice che deve imparare bene il mestiere per potersi  costruire la sua casetta e crearsi poi la sua famiglia. Yker è diventato un raggazzo mite e gioioso, non sembra venire dall’esperienza della strada, perché a Clairvaux ha trovato tanti amici, degli educatori e insegnanti che gli vogliono bene, e una motivazione forte per progettare il suo avvenire. Intanto mentre frequenta i corsi di muratura coltiva anche lo sport e il ‘kabosa’, uno strumento tradizionale, una specie di mandolino che lo accompagna nei momenti tranquilli o piovosi della giornata.

A Clairvaux ha trovato una casa e quel calore che la sua condizione sociale così difficile gli avevano negato.

Storia di Charles

Charles è il secondo di 4 figli. Nato in una famiglia molto povera, ha finito il corso di meccanico saldatore lo scorso luglio. È un ragazzo molto in gamba. Gran ballerino, gentile, buono, sempre di buonumore, altruista, un punto di riferimento per molti ragazzi di Clairvaux. Dietro il suo sorriso contagioso, però, si nasconde un passato estremamente traumatico. Che sembra avere in parte superato, sebbene ne porti ancora le cicatrici, fisiche e psicologiche. 

A 11 anni nel suo villaggio, nel sud-ovest del Madagascar, mentre cuoceva il riso, Charles si distrasse e rovinò la cottura. La catena di avvenimenti scatenata da un fatto insignificante fu terribile. Il padre lo legò e iniziò a torturarlo per ucciderlo, incidendogli il cuoio capelluto con un coltello. Lui riuscì e fuggire e, dopo aver chiesto aiuto ad un parroco della zona, fu portato a Clairvaux, nel centro salesiano. Il padre finì in prigione accusato dalla moglie e la famiglia paterna per lavare il disonore giurò di uccidere il ragazzo. Per lui tornare al suo villaggio è impossibile: vede sua mamma e i suoi 3 fratelli una volta all’anno, perché gli spostamenti sono difficili e estremamente costosi, e con il capofamiglia in carcere la madre fatica moltissimo a sbarcare il lunario.

Ora, senza famiglia e lontano dai suoi luoghi di origine, Charles lavora in un’officina meccanica di Antananarivo, e aspetta che la situazione si risolva. La preghiera e la fede semplice e sincera lo aiutano a restare sereno e a lavorare, sotto l’occhio benevolo del suo capo che l’ha preso in simpatia. A Clairvaux ha trovato una chiave di accesso al futuro che gli ha dato una grande speranza e che adesso è appena iniziato.

Storia di Haja

Haja è al terzo anno di falegnameria ed è il più grande di 7 fratelli e sorelle, quattro maschi e tre femmine. Nato a Antananarivo, periferia povera della città. Una delle tante. Baracche, miseria, mancanza totale di servizi. Povertà economica e culturale.  Papà senza lavoro fisso, mamma malata, fratellini senza scuola. Malgrado la sua enorme volontà ha frequentato le scuole a singhiozzo. Per chi vive in un contesto di questo tipo, in Africa, la priorità è riuscire a mangiare una volta al giorno.

È a Clairvaux da tre anni, mentre  due delle sorelle sono ospiti delle suore salesiane che hanno un centro vicino dedicato alle ragazze vulnerabili. Tre mesi fa è morta la mamma ancora giovane. Haja era un ragazzo gioiosissimo, animatore di canti tradizionali – ‘zafindràony’- tra i suoi compagni durante le ricreazioni, e sportivo eccellente. Ora è serio, a volte triste, soprattutto quando pensa ai suoi a casa. È un ragazzo estremamente responsabile: ha chiesto di poter uscire il venerdì sera per andare ad aiutare il padre. Si preoccupa enormemente dei suoi fratellini e sorelline. Il padre ne ha già affidati alcuni a parenti e conoscenti e la nuova donna del padre non ama i bambini. Haja soffre in silenzio, mi domanda cosa fare con la nuova Mama Kely… Ma continua con impegno lo studio: ora sta facendo lo stage in una piccola impresa di Antananarivo dove, superato un primo momento di difficoltà, è molto benvoluto.

Quando torna al Centro il lunedì mattina molto presto, va da padre Erminio e gli racconta il suo fine settimana, poi va a scuola. Dopo uno degli ultimi weekend, tornando a Clairvaux, si è fatto accompagnare da un suo amico, per mostrargli il luogo con grande soddisfazione e invitarlo a venirci il prossimo anno. Questa è la storia dei suoi primi 17 anni. Il futuro non è ancora scritto; ma le basi per una vita serena e operosa a Clairvaux le trova tutte, se vuole, e lui vuole. Don Bosco gli sorride e lo accompagna.

Il centro salesiano Clairvaux di Ivato fa parte dell’iniziativa solidale “Panda 4 Mission”. Un progetto in collaborazione con il Centro di Formazione Professionale di Rebaudengo a Torino. Gli allievi dei corsi di Meccanica Autoveicolare e Carrozzeria hanno restaurato un Fiat Panda 4×4, immatricolata nell’anno del centenario di Don Bosco (1988), che sarà messa all’asta. Il ricavo sarà interamente destinato al sostegno del Centre Notre Dame de Clairvaux.

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