Volontariato in una missione:un’esperienza che ti apre il cuore

Prestare gratuitamente un servizio, mettersi a disposizione di un progetto per portare il proprio mattone. Questo è il volontariato, la risposta di persone volenterose che provano a mettere un interesse altrui davanti al proprio, almeno per qualche ora alla settimana o a tempo pieno per periodi circoscritti.

Oggi 5 dicembre si celebra la Giornata Mondiale del Volontariato, e Missioni Don Bosco si sente coinvolta per il legame indispensabile con i volontari che l’attività missionaria richiede qui e nei Paesi di azione. Il tema assegnato alla ricorrenza di quest’anno, “Volontario per un futuro inclusivo”, aderisce particolarmente agli obiettivi e le modalità di azione dei salesiani. Cos’altro facciamo se non promuovere l’inclusione dei giovani attraverso l’accompagnamento formativo, nelle scuole e negli oratori?

La Giornata compie i suoi 18 anni, dunque è diventata maggiorenne. La dimensione “globale” nella quale ci troviamo, con movimenti di merci e di persone crescenti fra nazione e nazione, e sempre più fra i continenti, ha generato una nuova dimensione anche del volontariato. Se in passato si cercava un gruppo o un’associazione nel raggio della propria città, oggi si moltiplicano le proposte di prestare aiuto lontano dal proprio Paese. La cooperazione internazionale ha generato un necessario professionismo nell’aiuto ai Paesi di Africa, Asia e America latina; ma lo spirito che lo anima, la necessità di allevare nuovi cooperanti, la legittima curiosità di conoscere altri popoli e le loro culture hanno generato un movimento consistente, sia pure ridotto rispetto a quello destinato all’interno dell’Italia, che porta molti giovani volontari – oltre che adulti con esperienza – a imbarcarsi su un aereo con destinazione “Sud del mondo”.

L’esperienza di Sara in Nigeria

È successo a Sara Bellosta di vivere questa esperienza con i Figli di Don Bosco della Nigeria. La scorsa estate ha trascorso quasi un mese, insieme con altri giovani degli oratori e delle scuole salesiani, a contatto con i suoi coetanei del posto impegnati nelle strutture di aggregazione durante le vacanze da scuola.

“Sono partita senza aspettarmi nulla” spiega, “semplicemente mi sono messa nella disponibilità a conoscere una cultura per me nuova”. La preparazione dell’esperienza è durata dall’autunno fino all’estate in un percorso guidato dalla pastorale giovanile missionaria. L’atteggiamento che Sara descrive è lo stesso condiviso con gli altri partecipanti, alcuni che sono stati poi con lei in Nigeria, altri nel Benin o in Romania.

A chi non conosce la realtà missionaria, in particolare quella africana, può sembrare poca cosa porre come obiettivo la conoscenza di una realtà senza intervenire e provare a migliorarne qualcosa. Siamo mediamente vittime di una mentalità che vede noi, occidentali industrializzati, capaci di risolvere qualsiasi problema, di affrontare con efficienza una necessità; e i residenti, impreparati o indolenti, disponibili a recepire aiuti, idee guida, modalità di esecuzione dei lavori. La preparazione di un volontario richiede innanzitutto il sapersi mettere in gioco per modificare questa mentalità, per prepararsi ad affrontare la missione con la giusta attitudine.

Alleggerita dal carico di “interventismo”, il tempo dedicato a questo volontariato ha permesso davvero uno scambio profondo fra le persone. “L’esperienza mi ha aperto il cuore. Per come si sono rapportati con me, i giovani nigeriani sono stati disarmanti. Vedevo i loro occhi scintillanti di gioia di vivere e di condividere un periodo di vita sia pur limitato a qualche settimana” racconta Sara. Come i suoi compagni, ha tenuto un diario di quanto visto e sentito, il patrimonio di umanità acquisito in missione avrà tempo di depositarsi nella memoria. “I giovani non sono come noi in molti contesti europei, ingrigiti dalla vita. I Nigeriani sono colorati, sprizzano allegria: quello che a noi manca. A noi volontari questo spirito è entrato dentro, non potevamo non farcene travolgere. Abbiamo imparato a condivide anche il non far nulla insieme”.

La conoscenza dello “spirito” di una popolazione

Fatta salva questa impressione di fondo, lo sguardo del volontario non è mai esente dal dovere istintivo di capire come funzioni una società, quali siano le relazioni possibili con essa. Qui si mette in azione il bagaglio di strumenti di conoscenza e di interpretazione che, nel caso di Sara, si stanno perfezionando nella frequenza del Dipartimento di Scienze internazionali e della cooperazione allo sviluppo dell’Università di Torino. Un mese in Africa vale sicuramente un anno di corso e qualcosa in più. “Ho studiato l’economia degli Stati africani, la loro collocazione di questi nelle relazioni globali” spiega. Allenata da queste analisi ha potuto prestare attenzione ad aspetti marginali e a darsi spiegazioni, che le consentono oggi di dare una rappresentazione di fenomeni ampi che avvengono in Africa, non ultima la migrazione dei giovani in direzione Europa.

Premesso che non ci sono la delinquenza diffusa e il clima “mafioso” che delineano la nostra immagine della Nigeria, è chiara la prossimità di situazioni ad alto rischio. Sara ci descrive alcuni meccanismi: “A Benin City ad esempio ci sono molte donne che lavorano per un settore piuttosto sviluppato che è quello della gioielleria in corallo. Nonostante questo vengono ingaggiate da imprese che promettono lavoro all’estero. Accettano e si ritrovano in Italia o in altre parti del modo soggette allo sfruttamento”. Sul fronte maschile spiega che “ci sono tanti Nigeriani che delinquono perché hanno una tendenza a possedere cose belle e nuove, vogliono provarle. Allo stesso modo vedono il miraggio di vivere in un posto diverso. Il viaggio per venire in Europa costa caro, e per raccogliere la somma necessaria sono disposti ad affiliarsi a organizzazioni che glielo rendono possibile attraverso traffici illeciti. E con queste organizzazioni mantengono i rapporti anche quando poi giungono da noi”.

Nella valigia, Sara si è portata dall’Africa molte altre considerazioni “di studio”: la latitanza dello Stato, la corruzione, la dominazione delle compagnie petrolifere, le opere pubbliche non manutenute… sicuramente anche in questo caso la resa che ottiene il volontariato si fa percettibile, e Sara ne farà buon uso per la sua laurea. Nel frattempo, si è resa disponibile a fare da testimone di quanto ha vissuto: incominciando all’oratorio salesiano Michele Rua di Torino, dove opera il suo “volontariato del quotidiano”.

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