Vietnam e Thailandia: il viaggio missionario

Viaggio missionario in Vietnam e Thailandia

Storie dalla Thailandia

I salesiani sono presenti in Thailandia da molti anni. All’inizio occupandosi di orfani e di prima evangelizzazione ed ora gestendo opere scolastiche, centri di formazione professionale, parrocchie ed oratori. Un po’ come da noi in Italia. I cattolici sono una minoranza esigua del paese che è in gran parte buddista. Il buddismo apre al senso religioso e al rispetto altrui, per cui i salesiani ed i cattolici in genere sono rispettati, apprezzati e non mancano le conversioni al cattolicesimo e anche le vocazioni alla vita sacerdotale e consacrata.

Noi abbiamo visitato i centri di formazione professionale, perché interessati a capire come si possa evangelizzare i giovani attraverso lo strumento della formazione professionale. Ancora una volta non siamo rimasti delusi. Don Bosco e il suo sistema educativo hanno la capacità e la forza per adattarsi ai più diversi contesti e far breccia nei cuori dei giovani, specialmente i più poveri. Nei paesi in via di sviluppo, frequentare la formazione professionale significa avere una possibilità in più per affermarsi nella vita con una attività dignitosa ed economicamente autosufficiente. In Thailandia invece, come del resto avviene in Italia, per i genitori resta il mito che i figli vadano al liceo e non si debbano “sporcare le mani” con la formazione professionale. I salesiani ci dicevano che in Thailandia ci sono ben due milioni di lavoratori stranieri provenienti dai paesi confinanti – Myanmar, Laos, Cambogia – ai quali sono affidati i lavori più umili che i thailandesi non vogliono più fare. In compenso aumenta la percentuale di thailandesi laureati e disoccupati…. Nulla di nuovo sotto il sole! Non è forse la stessa situazione che abbiamo noi, paesi del cosiddetto primo mondo?

I ragazzi thailandesi arrivano nei due centri di formazione professionale salesiani perché reduci da fallimenti scolastici, con problemi relazionali spesso legati a famiglie disgregate, con difficoltà di apprendimento, ed escono alla fine del percorso formativo con una competenza immediatamente spendibile nel mondo del lavoro, felici di poter esprimere l’intelligenza nelle mani, e non solo nei libri di testo.

La grande produttività industriale di questo paese assorbe facilmente la manodopera qualificata sfornata in grandi quantità dai salesiani. In entrambi i centri di formazione ci sono circa mille studenti e si formano sulle ultime novità tecnologiche: macchine a controllo numerico, automezzi elettrici, automazione industriale, informatica, stampa digitale: il meglio del presente e del futuro immediato.

Siamo arrivati in Thailandia, sbarcati a Bangkok. Nel solo trasferimento dall’aeroporto fino alla casa salesiana, comincio a capire perché questo paese è stato definito, dal punto di vista economico, la “tigre” del Sudest Asiatico.

Lo skyline della metropoli è un susseguirsi di grattacieli. Una statistica colloca Bangkok al quarto posto nel mondo per numero di grattacieli che superano i cento metri di altezza: ne ha ben 497! Il traffico è qualcosa di unico, un caos enorme e indefinito di auto che corrono…. vorrebbero correre, ma effettivamente vanno a passo d’uomo per gran parte del giorno e della notte. Le strade sono a più livelli, quasi gironi infernali. Si corre a cinque, dieci, anche quindici metri da terra su viadotti che si accavallano, si intersecano, si annodano e si sciolgono come serpenti in un cesto.

Al confronto con altri paesi dell’Asia, anche confinanti, la Thailandia sicuramente mostra una realtà economicamente molto evoluta. Ma non è tutto oro quel che luccica! Mi domando se nei parametri che valutano lo sviluppo di un paese, oltre al PIL, alle auto in circolazione e ai grattacieli ci mettano anche la qualità di vita? Non ho risposta, ma mi chiedo se quel povero thailandese che ha abbandonato il suo campo di riso che coltivava quando era in miseria, ora che vive in una casa a Bangkok che ha sul tetto una, due, a volte tre strade ad alto scorrimento e che quando esce in strada per andare al lavoro trascorre in auto ore per fare pochi chilometri, sta meglio di prima? Mah…

Storie dal Vietnam

Siamo arrivati in Vietnam, al sud, nella città di Ho Chi Minh City (l’antica Saigon) e ci siamo mossi nei dintorni. Fa un caldo umido soffocante, sia di giorno come di notte. Si sudano le famigerate “sette camicie” senza far nulla!
I salesiani che ci hanno accolto sono gentili e premurosi, purtroppo pochi parlano inglese, quindi la comunicazione non è facile e alle parole spesso suppliscono sguardi accoglienti e sorrisi ampi e comprensivi.
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Il Paese che troviamo è diverso dall’immaginario collettivo che abbiamo del Vietnam, ormai fermo agli anni ’70 dello scorso secolo, quando Vietnam era sinonimo di guerra degli USA contro i “vietcong” e dei “boat people”… Il Paese vive una fase di sviluppo veloce e convulso in cui le vecchie tradizioni sono sostituite da tecnologia all’avanguardia. I più fortunati acquisiscono condizioni di vita buone, ma i più deboli restano ai margini e vivono nell’ombra, messi da parte proprio da un governo comunista, che dal popolo ha la pretesa di essere legittimato.

I salesiani in Vietnam sono tutti locali. I missionari europei sono stati espulsi dopo la fine della guerra, nel 1975. Da allora il Vietnam salesiano ha conosciuto un periodo difficile pastoralmente, ma fecondo vocazionalmente. I salesiani presenti in Vietnam sono circa 300, ed altri 140 sono andati missionari in tanti paesi del mondo. La scuola, nei paesi in via di sviluppo, è di solito il primo strumento di educazione che i salesiani di Don Bosco mettono in atto, ma qui non è stato possibile mantenere il compito, dopo il 1975. Per poter educare i ragazzi i salesiani hanno dovuto trovare altre strade, provvidenziali possiamo aggiungere ora, perché hanno incontrato il favore dei più poveri e fragili.

Se la scuola per il governo vietnamita noi non possiamo attivarla, questo non vale per la formazione professionale, quella tipicamente salesiana, quella rivolta ai drop out del sistema scolastico. Ed è proprio un centro di formazione professionale frequentato da circa 250 ragazzi e ragazze che visitiamo a Vinh Long, cittadina a duecento chilometri a sud ovest di Saigon, sulle rive di uno dei rami del delta del grande fiume Mekong. Sono giovani espulsi dalla scuola perché irrequieti, demotivati, incapaci di stare al passo con gli obiettivi formativi imposti dal sistema scolastico. Un centinaio poi sono convittori che stanno nella casa salesiana tutta la settimana e rientrano in famiglia solo nel weekend. Abbiamo visitato le loro aule, i laboratori di meccanica, elettricità, informatica e taglio e cucito (solo per le ragazze). Li abbiamo visti giocare nei cortili animati dai quattro giovani salesiani tirocinanti, pregare insieme prima di cena e poi fare un doppio saggio musicale per accoglierci, in cui trombe, flauti, sassofoni, bombardini, gran cassa, tastiere, chitarre e…. chi più ne ha più ne metta, hanno coinvolto tutti i ragazzi, proprio tutti, nessuno escluso. Sembrava di essere nella Valdocco delle origini, in cui musica, gioco, preghiera, studio si alternavano e davano il ritmo ad un sistema originale che Don Bosco aveva “inventato” per educare con la dolcezza e l’amore quei poveri ragazzi che altrove trovavano solo porte chiuse. Commovente!!!

A cena con noi è venuto, come ospite d’onore, il capo principale della polizia della città.viaggiovietnam.jpg

Ovviamente un uomo del partito di governo, che ci conosce e ci stima moltissimo e con finiva più di tessere le lodi del direttore dell’opera e del suo staff di salesiani. Scherzando gli abbiamo detto che quanto meglio lavorano i salesiani con questi ragazzi e tanto meno hanno da fare loro, i poliziotti. Ha sorriso e assentito vigorosamente con il capo, man mano che le parole della traduzione in vietnamita erano da lui comprese.

Come questo centro di formazione, i salesiani ne hanno altri cinque nel sud del paese, dove la percentuale di cattolici è più ampia e i salesiani sono maggiormente presenti.

Oltre alla formazione professionale che lo stato non è in grado di realizzare e che non ritiene strategica, come la scuola, per il controllo del paese, i salesiani hanno altre opere educative complementari alla scuola: i convitti per studenti che vengono dalla campagna e frequentano le scuole statali, ma vivono in collegio dai salesiani. Abbiamo un centro per bambini e ragazzi portatori di handicap. Abbiamo parrocchie e oratori. Una bella realtà poliedrica e vivace. A Saigon abbiamo aperto una scuola-bottega, e gestiamo un ristorante raffinato con cucina europea, il tutto fatto con i ragazzi della formazione professionale: imparano il mestiere dell’attività alberghiera di cucina e di sala a diretto contatto con quei clienti che, in una città enorme con oltre 11 milioni di abitanti, desiderano cenare con un menù europeo: vini francesi, birra tedesca, cucina italiana. È un autentico spettacolo vedere tutti questi ragazzi e ragazze, ben vestiti, sorridenti e sempre in movimento, cercare di fare del loro meglio per mettere a proprio agio i clienti che si siedono al tavolo. Non sono sveltissimi, proprio perché stanno imparando il mestiere, ma svolgono le proprie mansioni con estrema cura e dedizione. E non solo quelli della sala, ma anche quelli della cucina si possono ammirare al lavoro perché il ristorante ha una grande vetrata in cui si vedono i cuochi operare in diretta. Tutto pulito ed ordinato: dalle divise del personale, ai piani di lavoro, ai piatti che prima di uscire per essere serviti vengono supervisionati uno ad uno da un responsabile.

Insomma, un bel modo di essere a servizio dei giovani di questa terra laboriosa e intraprendente, dove essere cattolici significa essere minoranza, ed essere ex allievi di Don Bosco è sicuramente una chance per il proprio futuro.

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