Venezuela: un Paese alla fame nonostante le sue ricchezze

6 marzo 2018

Viaggio missionario in Venezuela – 1° tappa

Siamo a Caracas, in Venezuela, per incontrare i salesiani di quella terra, dove la presenza dei figli di Don Bosco è molto radicata: i primi missionari arrivarono qui nel 1894.

Salendo lungo la strada che dall’aeroporto porta alla capitale, fino alla casa salesiana dove siamo ospiti, guardandomi intorno provo una sensazione strana: non capisco se siamo in un Paese in via di sviluppo oppure no. La skyline di Caracas è impressionante, con i suoi palazzi in vetro e i numerosi grattacieli. Per essere una metropoli con diversi milioni di abitanti, presenta un traffico scorrevole…

Ecco cosa manca: mancano quasi del tutto i camion e i furgoni, come se non ci fosse nulla da consegnare o da trasportare, e le automobili in giro sono poche. Mancano anche le persone lungo i marciapiedi. Ma dove sono finiti tutti? Mi aspettavo un formicaio di vita, che invece non trovo, nel centro della città. Alzo gli occhi sui ripidi pendii delle colline che circondano Caracas e vedo un alveare di case che si aggrappano alla montagna come una cozza allo scoglio. Sono i barrios, i quartieri poveri super popolati. Le abitazioni sono costruite con mattoni rossi e tetti in lamiera, non hanno intonaco e non hanno vetri alle finestre. Le inferriate però ci sono, e sono robuste. Lì la vita è brulicante e pericolosa, molto pericolosa. Furti e omicidi sono all’ordine del giorno.

Prima di arrivare alla casa salesiana, che si trova nel centro città, comincio a vedere drappelli di persone. In una cinquantina sono in fila davanti ad un panificio.

Arrivati a destinazione, curiosi di capire meglio cosa stia capitando in Venezuela, accogliamo volentieri l’invito a compiere un breve giro a piedi nel quartiere, accompagnati da un sacerdote salesiano. La maggior parte delle serrande dei negozi è abbassata: sarebbe normale se fosse domenica, ma siamo solo di mercoledì pomeriggio.

Passiamo davanti a un supermercato aperto, entriamo. Gran parte degli scaffali è vuota, dove ci sono prodotti questi sono in numero assai ridotto. Una bottiglia di acqua minerale costa circa 5 centesimi dei nostri. Poco, diciamo noi. Ma l’accompagnatore ci fa osservare che lo stipendio di un operaio ora equivale a circa 1,5 euro al mese. Siamo increduli e stupiti: vedendo il nostro disorientamento, il salesiano ci snocciola il prezzo di alcuni prodotti: per acquistare uno pneumatico (valore corrispondente a circa 60 euro) ci vogliono quaranta mesi di lavoro. Per un chilo di carne di manzo (costo circa 1 euro) ci vogliono venti giorni di lavoro. La benzina e il gasolio invece sono praticamente gratis: un pieno di benzina costa circa mezzo centesimo di euro.

Le farmacie che incontriamo hanno lo stesso aspetto desolato e vuoto del supermercato. Ci viene raccontato di un giovane della parrocchia di 25 anni, affetto da diabete: non ha trovato i medicinali di compensazione, è morto qualche settimana prima del nostro arrivo. Ufficialmente è deceduto per cause naturali, ma in un Paese che fino a qualche anno fa vantava un sistema sanitario fra i migliori dell’America Latina si dovrebbe classificare come “omicidio di Stato”.

La situazione economica del Paese, ormai al caos totale, è figlia delle politiche economiche e sociali dissennate attuate in questi ultimi anni dal governo militare di stampo marxista. L’inflazione galoppa a tre cifre, il valore della moneta locale – il bolivar – è pressoché nullo, non serve per nessuno scambio con l’estero. [Proprio in questi giorni il Presidente venezuelano Maduro si è inventato una moneta virtuale, il Petro oro; n.d.r.]. La gente sopravvive mangiando sempre meno e comprando prodotti alimentari di scarso valore nutritivo come la yucca, un tubero simile alla patata, più grosso e meno costoso. Gli alimentari scarseggiano perché il Venezuela in passato ha puntato tutto il proprio sviluppo economico sul petrolio, di cui è il detentore dei più grandi giacimenti al mondo, ma non ha diversificato i settori produttivi. Per il fabbisogno alimentare della popolazione il Venezuela importa quasi tutto: un assurdo in un Paese tropicale ricco di acqua e di terra fertile e coltivabile.

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