6 marzo 2018
Viaggio missionario in Venezuela – 3° tappa
È per questa doppia constatazione che il nostro presidente, Giampietro Pettenon, ha deciso di coinvolgere i sostenitori in uno speciale impegno di raccolta fondi per soccorrere i salesiani di Caracas e delle altre 21 città in cui sono presenti con le loro opere. E al contempo di non tacere sul dramma che vivono i Venezuelani sotto il regime del presidente Nicolás Maduro.
La carenza di cibo, la difficile reperibilità dei medicinali, uniti a una crescita dell’inflazione a percentuali a due cifre durante gli ultimi anni, rendono la vita insostenibile alla gran parte della popolazione; solo chi gode di privilegi governativi può accedere agli acquisti ordinari, mentre il valore della moneta è praticamente nullo come attesta la ormai inesistente circolazione del bolivar.
All’orizzonte ci sono le elezioni politiche quest’anno, slittate da aprile a maggio per la difficoltà a costruire almeno una parvenza di libera espressione del voto. I partiti di opposizione hanno rinunciato a correre per una ennesima farsa di democrazia. E anche la disponibilità a spendersi per una corsa alla presidenza da parte di un esponente moderato veleggia su un mare di impotenza e di speranze perdute. La comunità internazionale, almeno a vederla da Caracas, sembra altrettanto impotente o, peggio, connivente: d’altronde un Venezuela che sta diventando terra di nessuno, con un patrimonio minerario di eccezionale valore, a incominciare dalle risorse petrolifere per arrivare alle miniere di elementi rari, è una prospettiva che può allettare molti speculatori e più potenze straniere pronte a occuparla con le loro multinazionali.
I salesiani, che hanno sviluppato la rete di accoglienza di giovani e di formazione professionale – la quale pure in questa crisi continua a offrire prospettive concrete di lavoro nei settori agricolo e artigianale – si trovano in questo momento di fronte a un cambio di priorità obbligato: devono procurare per i ragazzi che frequentano oratori e scuole anche quel sostentamento alimentare senza il quale rischiano non solo di patire la fame ma di debilitare profondamente il loro fisico. Prima di avviare una giornata scolastica o un raduno, si provvede a distribuire ai ragazzi un pezzo di pane e un bicchiere di tè, che certo non possono sostituire un pasto ma almeno consentono di avere qualche energia per seguire le lezioni o per stare in compagnia.
Ad Alessia Andena che ha fatto parte della piccola delegazione di Missioni Don Bosco chiamata dai salesiani di Caracas, una mamma di 8 figli ha confidato il timore condiviso con tanti altri genitori: “Le giovani generazioni stanno crescendo con gravi deficit nutrizionali, e ne subiranno le conseguenze a lungo termine sul piano della loro sanità oltre che su quello psicologico”. Ma, per la propaganda radio-televisiva, il Venezuela non ha problemi: se ce ne sono essi non dipendono dal governo del Paese ma dal sempre incombente “nemico esterno”.
Ester Negro, anche lei nella delegazione, ha raccolto fra mille difficoltà immagini dei ragazzi che vengono aiutati dai salesiani ad affrontare questa terribile fase di decadenza che procura anche la perdita di speranza. “Le famiglie sono passate a comprare cibi più economici, ma ormai anche riso e patate hanno raggiunto prezzi altissimi”.
Dal diario di Giampiero Pettenon che pubblichiamo in questo sito emergono i dati di una povertà dilagante che ha dell’incredibile se raffrontati con ciò che è stato il Venezuela del secondo dopoguerra, e con l’immagine di Paese moderno che ne abbiamo in raffronto agli altri sudamericani. Oggi la soluzione a cui sono forzati molti Venezuelani è la migrazione all’estero.
È stata immediatamente avviata la raccolta fondi per aiutare i salesiani che gestiscono scuole, oratori, mense per i poveri. “Vogliamo garantire almeno un pasto al giorno agli utenti di tutte queste strutture che i nostri confratelli coordinano fra mille difficoltà quotidiane” spiega il presidente di Missioni Don Bosco.