Quest’oggi per caso un confratello mi ha portato un numero della rivista Terre Lontane di Missioni Don Bosco, dove è stata pubblicata la fotografia del bacio da me impresso sulla mano di una bambina.
Non avevo l’abitudine di baciare le mani dei ragazzi o delle ragazze nella mia lunga carriera in Giappone, in Corea, in Kenya o in Sudan (dove i giovani della missione mi chiamavano baba, che significa papà), ma quando sei anni fa persi la parola (o quasi) cominciai a esprimere il mio affetto baciando le mani dei ragazzi, un gesto di amore verso i giovani delle mie missioni.
La casa in cui ora mi trovo, alla tenera età di 94 anni, è una scuola elementare e tecnica per ragazzi poveri raccolti dagli slum di Nairobi, dove due milioni di poveri vivono in case fatte di latta, giovani stipati come sardine in un barattolo. Adesso con il supporto dei miei confratelli abbiamo progettato un piano per salvare 1.000 ragazzi con un programma di accoglienza e una scuola tecnica, per insegnare loro un mestiere e costruire insieme a loro un futuro fatto di serenità, un futuro migliore, come ho sempre fatto insieme a tanti confratelli durante la mia vita missionaria in Africa e in Asia.
Sono partito a 21 anni come missionario, destinazione Giappone, lì sono rimasto per 12 anni e successivamente mi sono spostato in Corea dove ho lavorato per 20 anni come insegnante. Nel 1981 ho raggiunto l’Africa, più precisamente in Kenya, prima nella missione di Siakago, città a circa 160 km dalla capitale Nairobi, poi sono diventato direttore della scuola tecnica di Embu.
Ho passato un periodo nel campo profughi di Kakuma, dove insieme ad altri salesiani, abbiamo fondato una nuova missione, il nostro centro professionale ha accolto e formato migliaia di giovani. Dal Kenya sono poi arrivato in Sudan e in Sud Sudan, lì insieme a Giacomo e Andrea Comino, due fratelli salesiani, abbiamo iniziato a pensare al “Progetto Darfur” per aiutare i profughi del conflitto tra nord e sud. Abbiamo realizzato la prima scuola tecnica a El Obeid, capitale dello stato del Kordofan settentrionale del Sudan, e abbiamo messo le prime pietre per il progetto “100 scuole per il Sud Sudan. Ne abbiamo fatte di cose…”.
Quella di padre Vincenzo Donati è una vita missionaria incredibile, una vita missionaria molto ricca di emozioni, di fatica, ma anche di tanta gioia nel vedere piano piano cambiare le cose: le scuole funzionare, il futuro dei più poveri cambiare, i giovani di strada partecipare alle lezioni che lui e altri Figli di Don Bosco avevano preparato per loro, nei paesi più poveri del mondo.
Per noi di Missioni Don Bosco la foto di cui parla padre Vincenzo, pubblicata in questo articolo e scelta per la campagna 5×1000 dell’anno scorso, rappresenta l’amore verso gli ultimi, “la vocazione come una vera storia d’amore”, come ha detto Papa Francesco; l’essenza dello spirito missionario che è il cuore della carità pastorale, un tratto essenziale del carisma di Don Bosco. Tutto questo è raffigurato in quello scatto a noi tanto caro. Un’immagine che ci ricorda il lavoro quotidiano dei missionari salesiani sostenuto dalla grande generosità di tutti i nostri benefattori.