Un “pensiero” impegnativo per la Pasqua 2020 da don Felice Molino

“La Resurrezione sarà il cambiamento di mentalità, del modo di essere di tutti noi”. Le parole di don Felice Molino, missionario in Kenya, sono un appello alla buona volontà che ogni Pasqua può risvegliare nelle coscienze, dei credenti e anche di quegli “atei inquieti” che guardano senza pregiudizi all’azione della Chiesa.

Queste parole possono suonare tuttavia come un generico richiamo morale se non le ancoriamo alle situazioni che don Felice vede con i suoi occhi, occhi di salesiano che guarda il mondo dal lato dei perdenti. Davanti a lui c’è la grande metropoli fatta di baracche di legno e metallo che si estende ai margini della capitale. A intuito, gli operatori sociali stimano che in quell’area vivano due milioni e mezzo di persone. Vivono per modo di dire: nella miseria più totale, derivante dalla marginalizzazione di chi non sta al passo di un Paese che vuole crescere economicamente ma che consente la progressiva concentrazione in poche mani dei beni derivati dallo sfruttamento delle risorse.

Don Molino resiste per la sua fede nel Dio che sta con i poveri, anche se umanamente il peso di questa croce fiacca le forze. Le parole che ci dice al telefono nascono dalla sua sensibilità di missionario, all’inizio di quella che si preannuncia come una tragedia: i casi di Covid-19 si sono già presentati a Nairobi e l’epidemia trova terreno fertile nell’ammassamento delle famiglie e nella mancanza di assistenza sanitaria. “Chi può permettersi di lavarsi le mani cento volte al giorno come facciamo noi o di avere guanti e mascherina?” si domanda. “Quelle persone vivono in una situazione anti-igienica al 100%: se si diffonde il virus, lì sarà la fine” dice a Missioni Don Bosco con un realismo non rassegnato.

Il Governo nazionale ha preso la decisione di isolare le due città più importanti, Nairobi e Mombasa. Ma l’effetto sarà che una massa di persone non avrà possibilità di uscire dalla stretta per cercare quotidianamente quei lavori pur precari che consentono la sopravvivenza. Affamata e senza possibilità di sfollare nelle campagne per cercare del cibo. “Costa tutto più caro” dice don Molino, “un’amica italiana che vive qui vede i prezzi salire ogni giorno nei supermercati”. C’è chi approfitta della situazione di debolezza per fare le sue speculazioni economiche, e si aggiunge alla vasta rete di corruttori e di corrotti che già hanno portato allo stremo le persone indifese.

Con le suore che vanno regolarmente in aiuto di chi vive nella baraccopoli, don Molino si rende conto che non si può far altro che portare una goccia di aiuto in un oceano di bisogni.

Come si celebrerà la Pasqua 2020 in queste condizioni? “Certamente verrà il cardinale in cattedrale come il Papa in San Pietro” spiega don Molino, “ci sarà lo streaming delle riprese televisive, una modalità che in questo periodo si utilizza ordinariamente per le celebrazioni”. Ci saranno persone che tenteranno di entrare in chiesa, dovranno scoraggiarle per evitare contagi e per non avere problemi con le autorità pubbliche.

“Certo sarà una Pasqua molto sofferta: penso alla nostra gente, ma anche alla gente di tutto il mondo” aggiunge. “Consideriamo il fatto che la maggioranza della popolazione è in condizioni di povertà: a portare la croce qui sono milioni di persone. Il calvario di Cristo è di tutta l’umanità“.

In quanto appartenenti alla parte del mondo che – pur nelle difficoltà in corso – tutto sommato se la cava bene, da un missionario vorremmo poter raccogliere (a uso della nostra tranquillità) parole di speranza oltre quelle dell’angoscia. Ma è davvero difficile, oggi più di ieri.

“La speranza, rispetto alla pandemia, che si sente ripetere a Nairobi è che, siccome la popolazione africana è giovane ed cresciuta senza protezioni, la gran parte ha più anticorpi rispetto a quanti ne abbiano gli Europei: forse per questo avrà un reazione più resistente al virus” riferisce don Molino. Sentita da qui questa teoria sembra tanto un alibi per la latitanza delle istituzioni sanitarie. Ma, da “papà” di tanti di quei ragazzi, il salesiano aggiunge: “Io lo voglio sperare, lo spero davvero che possa essere così come dicono”.

E la Speranza cristiana: come si esprime in questa Pasqua così “speciale”, proviamo a insistere al telefono. Con la moderazione tipica del suo carattere non può tuttavia tacere il suo pensiero più profondo, che sorge da uno sguardo profetico: “Io ho sempre detto che i ricchi sono i grandi peccatori: è loro la responsabilità del grande disastro che stiamo vivendo. Mi è stato risposto che non è evangelico condannare una categoria di persone, ma ne sono convinto oggi ancora di più. Qui vedo i grandi miliardari che hanno costruito la loro ricchezza portando alla miseria milioni di concittadini. Lo stesso accade in tutta l’Africa e nel mondo. È una vergogna grandissima!”. Tutti siamo incuriositi dalle classifiche dei più ricchi del mondo, che i media celebrano come persone di successo; il pubblico batte le mani: ma si dovrebbe dire che quelli sono i più grandi “criminali” del mondo, secondo don Molino.

E’ da questa coscienza che dobbiamo far rinascere la Speranza. Incominciando da noi stessi: “Dobbiamo almeno cambiare attitudine nei loro confronti: noi ci esaltiamo perché uno è ricco è famoso, ma si tratta di una grandezza vuota, di una fama vuota, di una ricchezza vuota. Gesù non l’hanno esaltato i ricchi del suo tempo.

Noi non dobbiamo esaltare i ricchi e i potenti, bensì la povera gente. È Gesù Cristo la speranza del mondo, con la sua vita, con quello che ha fatto e che ha detto. Gli altri non danno speranza, soltanto crudeltà, miseria, abbandono, sofferenza”.

Grazie, don Molino: nello sguardo deluso e sofferente sullo stato del mondo, che ci ha trasmesso nel breve volgere di una telefonata intercontinentale, sembrerebbe non esserci posto per la Speranza. Invece la capacità di vedere unita al Cristo in croce l’umanità sofferente, e di partecipare attraverso lo Spirito allo strazio della morte degli innocenti, ci immette sul percorso che porta alla Resurrezione. È un filo molto sottile quello della Speranza, ma robusto. Per afferrarlo dobbiamo avere mani  fini e muscoli delle braccia irrobustiti dalla compassione per farcene trascinare. La Verità, anche se cruda, può illuminare lo sguardo comprendere la Pasqua: capiamo perché dobbiamo “cambiare mentalità,  modo di essere”?

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