Tia Berta è una donna energica, solare, una mamma africana che sorride con il cuore. La incontriamo a casa sua, un nido accogliente nel quartiere popolare di Mota, a Luanda. Un muretto in cemento alto 40 cm sbarra l’ingresso, serve per evitare che il fango e l’acqua piovana invadano gli ambienti quando arriva la stagione delle piogge, ma è solo un ostacolo fisico, perché la sua casa è sempre aperta per tutti.
Tia Berta incarna alla perfezione quanto scrisse Karen Blixen: “Per l’africano c’è un solo modo di controbilanciare le catastrofi dell’esistenza: dare qualcosa in cambio.”
Tia Berta nella sua vita ha attraversato burrasche, ha dovuto scendere a patti con le ristrettezze economiche, ha lottato con le unghie e con i denti anche quando la battaglia sembrava persa in partenza. Ne è sempre uscita vittoriosa perché, come molte donne africane, non conosce il significato della parola rinuncia.
Le donne in Africa da sempre sono il motore della società, quelle che mandano avanti la casa, il bilancio famigliare, che si prendono cura dei figli. Anche di quelli non biologici, perché il concetto di famiglia si estende anche alla cerchia parentale. Non di rado quando un bambino perde uno dei genitori o rimane orfano di entrambi viene informalmente adottato da un’altra mamma, una zia, una nonna.
Quando però questo non accade allora succede che i figli, considerati una ricchezza, si trasformano in una zavorra e vengono abbandonati al loro destino, anche se non sono autosufficienti, anche quando hanno pochi giorni di vita. Le strade di Luanda non fanno eccezione rispetto a quelle di tante città africane, pullulano di bambini e ragazzi di strada. Non vivono alla giornata, letteralmente sopravvivono. Cercano una casa abbandonata in cui poter dormire, rubacchiano o svolgono qualche piccolo lavoretto per comprarsi il cibo, combattono il freddo e i morsi della fame sniffando il carburante, una droga a buon mercato e devastante per il cervello.
Negli anni ‘90 la guerra civile in Angola mieteva ancora le sue vittime e la vita quotidiana era veramente un percorso ad ostacoli, a volte quasi insormontabili. Ma Tia Berta è una donna africana e si sa, le donne africane non si scoraggiano facilmente. Tia Berta ha fatto una scelta, è diventata una mamma tutelare, malgrado i suoi 5 figli biologici e una condizione economica decisamente poco brillante.
Nel 1999 Tia Berta aderisce ad un progetto dei salesiani per la cura dell’infanzia in difficoltà. La si poteva incontrare nel quartiere, in una casa costituita da sue sole stanze. Lei, i suoi 5 figli biologici e 15 figli datigli in affidamento.
Sembra impossibile che dove mangiano in 5 possano mangiare anche in 30, eppure è successo, giorno dopo giorno, per anni. Senza le risorse economiche necessarie, ma con tantissimo impegno, fatica, entusiasmo. Tia Berta è un caterpillar della bontà, assorbe le avversità e si rigenera, un Araba Fenice in carne e ossa che non abbassa mai lo sguardo, che sorride anche con gli occhi.
Oggi possiamo incontrarla nello stesso quartiere, in una casa più grande, circondata dai suoi figli. Nel cortile ci sono il pozzo dell’acqua piovana, una scala che sale al piano superiore e una frotta di bambini che corre tra le piante e i fiori nei vasi. Realizzi di essere in un posto speciale perché è l’ambiente stesso che te lo racconta: è tutto curato, tutto bello, si respira un senso di positività.
E capisci anche che questa è una vera famiglia perché mai, nemmeno per un momento, sei in grado di comprendere quali sono i figli biologici di Tia Berta e quali sono i bambini adottati.
Con lo stesso sano orgoglio di mamma questa donna ti racconta la storia di Carlos, abbandonato in fin di vita quando aveva 27 giorni e oggi giovane uomo che sta per compiere 18 anni, o quella di Olirio, che oggi frequenta la quarta ed è il primo della classe. Che importanza ha sapere se questi figli li ha partoriti lei? Più parlo con Tia Berta e più mi rendo conto che certe curiosità non sono semplicemente banali, suonano proprio sciocche, insensate.
Famiglia è dove sei di casa, dove qualcuno si prende cura di te, dove non si deve pietire un po’ di affetto, dove ci si nutre di amore a colazione seduti tra i propri fratelli, prima di prendere lo zainetto ed essere accompagnato a scuola dalla tua mamma. Tia Berta.