Buon compleanno, signor Zatti!
Oggi, 12 ottobre, ne compie 142. Se nelle diverse culture i numeri hanno un valore simbolico, quello che viene attribuito al 142 è particolarmente calzante per il nuovo santo cresciuto nella famiglia salesiana: rimanda alla concretezza della terra, alla solidità del lavoro metodico, alla intraprendenza organizzativa. Artemide è stato attento alle persone e alle loro necessità dedicando la vita alla cura dei malati, sviluppando una struttura ospedaliera efficiente.
Ancora più del numero degli anni, che sta festeggiando nella pienezza del Regno di Dio, ci sembra significativa la giornata del 12 ottobre, quella che 510 anni fa venne registrata come la data dell’approdo di Cristoforo Colombo nel continente a noi Europei allora sconosciuto: quell’America dove Artemide diciassettenne lasciò l’Italia impoverita della Pianura Padana per cercare con la famiglia un riscatto nella Patagonia argentina. Un approdo, quello degli Zatti, che aveva in programma la dura fatica per sfamare 1 papà, 1 mamma e 8 figli: poteva essere una premessa a una vita in totale emergenza, ma diventarono loro il “1.1.8.” (di nuovo un numero, significativo in Italia per chiamare il soccorso sanitario) che si faceva prossimo agli altri in condizione di povertà materiale o spirituale. La fede accompagnò già fra le mura domestiche la crescita del giovane Artemide, anche quando dovette affrontare la tubercolosi. Ma passiamo dai numeri carichi di evocazioni ai fatti.
Una vocazione al servizio
Ventenne, egli vide nei salesiani e nelle Figlie di Maria Ausiliatrice qualcosa di più che una ordinaria assistenza ai migranti: riconobbe l’ispirazione e la testimonianza di un’esistenza che poteva diventare dono per gli altri. Colse con apparente semplicità (ma chi sa che cosa percorse il suo animo di malato che stava interiorizzando l’amore di Dio Padre?) l’invito a farsi dono lui stesso. Il modo in cui sintetizzò quella sua determinazione indica le pietre miliari della strada che aveva intrapreso: “Ho creduto. L’ho promesso. E sono guarito”. Pregando per la sua guarigione, accolse l’invito a promettere la sua totale disponibilità alla vita religiosa e fu premiato. Non un pegno da pagare, ma la scoperta di una dimensione dello spirito nella quale avrebbe trovato l’appagamento del bisogno più profondo di dare un senso all’esistenza. E quel “proclama” giovanile – quasi assonante con il “Veni. Vidi. Vici.” di Giulio Cesare, una probabile sua reminiscenza scolastica – ne riproduceva la determinazione e la consapevolezza di non voler voltare lo sguardo all’indietro. L’8 febbraio 1911, a 21 anni, fece i suoi voti perpetui per seguire la traccia di Don Bosco. E non smarrì mai la bussola.
Da domenica 9 ottobre Artemide Zatti è considerato da tutta la Chiesa come un modello da seguire sulla via della santità. La gioia che si esprime in questi giorni della congregazione salesiana è percepibile dall’affluenza di 650 confratelli laici – i coadiutori – in Piazza San Pietro per la canonizzazione. Che è stata presieduta dal Papa argentino con un affetto manifesto, non solo perché tra l’altro si tratta di un suo connazionale, ma perché lui stesso si rivolse nella preghiera a lui, il “buon Samaritano” della Patagonia, quando era Provinciale dei Gesuiti in Argentina, per avere più vocazioni, ed ebbe in risposta in risposta 23 vocazioni di confratelli coadiutori nell’arco di pochi anni.
Festa grande in Casa salesiana
Il festeggiamento per San Artemide Zatti è proseguito ieri a Valdocco, con l’eucarestia presieduta dal Rettor Maggiore (v. dal minuto 9 e 58; n.d.r.) e in altre 2000 celebrazioni nelle case salesiane del mondo. Basta scorrere l’agenzia di stampa ANS questi giorni per trovarne i riscontri, dall’Argentina al Camerun, dal Guatemala a Timor Est. Il mondo missionario, che è fondato in buona misura dalle capacità professionali ed educative di migliaia di salesiani coadiutori, si sente direttamente chiamato a ravvivare la sua vocazione. Stiamo osservando – dal nostro punto di contatto diretto con i loro progetti – quanto l’attenzione si stia ampliando verso le persone emarginati dai sistemi scolastici e del lavoro, dalle strutture di cura materiale e sanitaria.
L’esempio che viene dal confratello portato agli onori degli altari è esplicito: dopo aver svolto il suo servizio nell’ospedale di Viedma, non mancava di andare nelle case dove si trovavano i malati che non potevano accedere per le ragioni più diverse nella struttura protetta. Cavalcava la sua bicicletta e portava a destinazione l’assistenza medica e contestualmente quella spirituale. È ciò che fanno i nostri missionari, laici o presbiteri, quando lasciano le opere per andare a piedi, in auto o con i pullman aa annunciare ai ragazzi e alle ragazze che è possibile “guarire” dalle situazioni di oppressione e sfruttamento.
Caro signor Artemide Zatti, avesti il premio di tornare qualche tempo in Italia quando si tenne la canonizzazione di Don Bosco nel 1934, alla quale anche tu assistetti emozionato come i tuoi confratelli oggi per te. Non avevi certo immaginato che un giorno la tua sequela di Gesù ti avrebbe portato in modo altrettanto riconoscibile a dichiarare che anche tu ha raggiunto la meta!