Tra i progetti che noi di Missioni Don Bosco stiamo sostenendo e seguendo da vicino dalla fine del 2018 ad oggi, quelli realizzati e in fase di realizzazione nel campo profughi nel nord dell’Uganda sono tra i più rappresentativi dell’intervento salesiano nelle situazioni emergenziali che prevedono comunque una permanenza sul territorio di lungo periodo.
Palabek, meta primaria del viaggio di metà marzo insieme al giornalista di Fanpage che ha documentato l’attività dei missionari di Don Bosco nel campo profughi e il dramma dei rifugiati, di donne e famiglie fuggiti dalla violenza imperante in Sud Sudan, ci è parso quasi un miraggio dopo un lungo viaggio in mezzo a strade sempre più desolate e distanti da ogni centro abitato. Un mattino presto, il caldo benvenuto dei salesiani sulla strada di terra rossa riarsa dal sole già dalle prime ore del giorno, blocco nr. 7: la zona del campo dove la comunità salesiana ha messo su casa, come punto di riferimento per tanti nuclei familiari sradicati dalla loro terra, il Sud Sudan.
Ci siamo sentiti subito accolti, parte di un gruppo di persone che con impegno cercano di garantire dignità a tante giovani donne e ai loro figli, ai giovani che si sono insediati nel campo in cerca di rifugio e di pace, lontano dalle atroci violenze perpetrate giorno dopo giorno nel giovanissimo paese africano vicino ai confini ugandesi. Persone traumatizzate, prive ormai di ogni risorsa e possibilità di riscatto, che a Palabek come in altri campi per rifugiati e profughi trovano un riparo, acqua, cibo, la sicurezza per il presente e la ricerca di un futuro.
La comunità missionaria di Palabek sta crescendo, per garantire sostegno ai fratelli svantaggiati presenti nel campo e aiutarli a voltare pagina. Lo abbiamo visto con i nostri occhi, lo abbiamo percepito appena abbiamo varcato l’ingresso della casa salesiana. A partire da Uba – padre Ubaldino Andrade, il festoso missionario venezuelano che offre conforto a tutti e sa coinvolgere i più piccoli e le famiglie di rifugiati creando la comunità, così come padre Lazar Arasu sa guidare i suoi confratelli nell’assistenza alle scuole materne, primarie e secondarie con i pasti e la parte educativa, e padre Jeffery A. Canisius ha iniziato da alcuni mesi ad affiancare con premura e attenzione ogni studente della scuola professionale. Scuola che, dal 31 gennaio ad oggi, è già in fase di crescita ed è proiettata ad una futura espansione e accoglienza per sempre più giovani desiderosi di imparare un mestiere.
Questa prima tappa del nostro viaggio in Uganda è stata fondamentale per conoscere da vicino i beneficiari dei nostri progetti, ascoltare le loro parole, vedere i loro sguardi spesso spenti e disillusi ma riuscire anche a cogliere lo spirito di riscatto e l’immensa voglia di vivere dei più giovani, delle ragazze e dei ragazzi che provano a lasciare indietro il dramma che hanno subito per sperare veramente nella possibilità di crescere nella pace.
Noi eravamo lì, a leggere e interpretare i loro sogni, carichi dell’amore e della comprensione che voi, amici e sostenitori, avete trasmesso con le vostre donazioni e adesioni ai progetti, e state continuando a manifestare con la vostra presenza. Abbiamo sentito questa grande responsabilità e continuiamo a sentirla. Noi, con il vostro sostegno, possiamo aiutare un popolo che ha sofferto a trovare fiducia. Grazie per la forza che ci date, che offrite loro!