Il 3 maggio 2022, in occasione della Giornata mondiale per la libertà di stampa, il Movimento Mezzopieno, insieme un centinaio di enti promotori, aderenti, patrocini e giornalisti, organizza la seconda edizione della Giornata Nazionale dell’Informazione Costruttiva per coinvolgere giornalisti e giornaliste di tutta Italia, redazioni e media in un momento di azione e sensibilizzazione sul giornalismo e sull’informazione al servizio della società. Il 3 maggio, i professionisti dell’informazione sono invitati a pubblicare e dare risalto a notizie, reportage e storie costruttive, con l’obiettivo di realizzare un’informazione al servizio del benessere dei lettori e del bene comune, libera da sensazionalismi, polemiche, fake news e che sappiano aiutare il lettore a comprendere la realtà e portare consapevolezza e fiducia nel mondo e negli esseri umani. Questo articolo è stato scritto per la Giornata Nazionale dell’Informazione Costruttiva 2022 (#GNIC2022).
L’espressione “informazione costruttiva” può suonare come una ripetizione: informare è costruire conoscenza e relazioni, costruire è dare forma a una realtà nuova o rinnovata. Non dovrebbe essere necessario, in un mondo perfetto, sottolineare che l’informazione debba essere pensata e agita come “dare notizia” per lo sviluppo di una comunità. L’opposto di informare è fare la guerra. La guerra distrugge. Dire “guerra distruttiva” è anch’essa una ripetizione: una pallottola o una bomba hanno sempre come risultato la cancellazione di una vita e di una società. Moltiplicata per l’uso dell’informazione a fini propagandistici, la guerra è anche distruzione della verità, cancro dei legami fra le persone. Ce ne stiamo rendendo conto in maniera evidente in questo stato di guerra, che per noi si svolge a colpi di sanzioni e di restrizioni, per chi è sul campo in Ucraina contando i morti e le devastazioni.
Alla luce di queste considerazioni, il fatto di sottolineare in una giornata come questa l’utilità di dare risalto a quanti – in un mondo imperfetto – compiono lo sforzo di ricercare ciò che si sta costruendo e non distruggendo, e con i loro mezzi comunicano queste notizie, si rivela una necessità. L’informazione di questi mesi sul conflitto in terra ucraina presenta al pubblico una dovizia di dati sugli armamenti, sulle operazioni di attacco e di difesa, sulle tragiche conseguenze per soldati e civili e per i territori e quanto contengono. Molto meno si viene a sapere delle azioni di difesa non-violenta, degli appelli al cessate il fuoco, degli sforzi reali delle diplomazie una volta lontane dai riflettori e realmente impegnate a raggiungere accordi di pace. Così come il contatto di una larga base di comuni cittadini con i profughi per aiutarli a fuggire, per accoglierli nell’emergenza, per dare loro una sistemazione nel medio periodo non trova la giusta rilevanza nelle pagine dei giornali, al di là dell’emozione suscitata da singoli casi umani. È la “regola del giornalismo”, si dirà: individuare un caso estremo per attirare la giusta attenzione su una situazione diffusa. Peccato però che dopo la sollecitazione dei sentimenti di solidarietà non si dia l’informazione per rendersi più capaci di una risposta duratura. E di corroborare l’opinione pubblica che si oppone alla guerra e alle mistificazioni delle campagne di comunicazione prevalenti.
Missioni Don Bosco ha il privilegio di poter toccare con mano “l’altra faccia” di questa guerra e delle purtroppo numerose altre in corso nei diversi continenti. I salesiani dell’Ucraina, insieme a quelli dei Paesi limitrofi stanno accogliendo senza clamori le masse di sfollati; l’intera Congregazione sta provvedendo anche da lontano a fornire non solo i generi di prima necessità ma anche i supporti per far funzionare le case, per assistere sul piano della sanità fisica e psicologica donne e bambini traumatizzati, per non far mancare scuola e gioco ai ragazzi.
Il servizio di comunicazione, assunto come impegno più forte in questo momento, consiste nel dare notizia della fratellanza che si esprime e si organizza, dell’intelligenza che guida l’intervento immediato insieme ai piani per la ricostruzione a lungo termine, della speranza che sacerdoti e laici stanno coltivando in un orticello dove sembra inestirpabile la gramigna. Ci sono di aiuto insostituibile coloro che operano sul posto: quelli hanno messo in sicurezza i bambini orfani o senza famiglia, sottraendoli tra l’altro al rischio di rapimento o di deportazione; quelli che difendono la dignità delle donne che si trovano addosso l’intera responsabilità della famiglia; quelli che si avvicinano alla linea del fronte per portare parole di conforto e tenere alta la fede in Dio a chi va incontro quotidianamente alla morte. I salesiani hanno celebrato la Pasqua sia con il calendario latino sia con quello bizantino, sfidando anche la mancata sospensione bellica nei giorni consacrati, per rispondere a un’ineludibile chiamata alla testimonianza della Risurrezione. Al contempo hanno comunicato la tenacia della loro gente, radunata nelle chiese e intorno in misura forzatamente ridotta, informato sull’amicizia cristiana che anche a distanza li sostiene. Hanno fatto – con i loro gesti – quell’ “informazione costruttiva” che sarà capace di superare la disinformazione distruttiva dei produttori di morte.