La mascherina per proteggersi. Dietro rimane il sorriso della speranza

Un “Don Bosco” con la mascherina: non si tratta di umorismo da oratorio che segna questo tempo così drammatico. È piuttosto una espressione plastica, apparentemente irriverente, dell’atteggiamento salesiano in tutto il mondo di fronte alla pandemia da Covid 19. A ospitare oggi questa “icona” è la grande Opera Sociale di San Paolo in Brasile.

Situata nel bairro (quartiere) di Itaquera popolato da 5.000.000 di abitanti, questa casa dei Figli di Don Bosco rivolge la sua azione educativa, sociale e pastorale ai giovani. “Sosteniamo le fragilità, soccorriamo le più diversificate vulnerabilità” spiega p. Giacomo Begni, originario della provincia di Sondrio, continuatore della missione originaria dello spagnolo p. Rosalvino, tuttora attivo nella stessa Casa.

“Quarant’anni fa” racconta p .Giacomo “in questo angolo remoto, sconosciuto e sprovveduto di tutto e più ancora, dominavano droga, povertà e miseria. Anche l’aria era impregnata di sopraffazione, di violenza, di insicurezza e di paura”. Gli omicidi erano all’ordine del giorno, la situazione sembrava impossibile da cambiare. “Padre Rosalvino si rimboccò, salesianamente, le maniche della camicia e soprattutto quelle… del cuore”.

Le sfide originarie sono state affrontate con la stessa tenacia e fiducia in Dio che fece muovere i primi passi della Congregazione a Valdocco: sono state superate, e oggi l’Opera è un ancora di sicurezza per almeno 500 ragazzi e giovani e per le loro famiglie. Ma la sfida che adesso anche Itaquera si deve affrontare sembra non avere rivali. La pandemia è presente in Brasile, ma sembra che il Governo Federale non abbia ancora fissato una strategia precisa. Alcuni Governatori hanno dato indicazioni chiare: chiusura attività, prevenzione, isolamento totale, ma – spiega p. Giacomo – “non tutti sono in condizione di poter rispettare le disposizioni. Le famiglie di tanti nostri bambini vivono in ‘case’ piccole e mal costruite, in agglomerati precari (le favelas) dove mancano le infrastrutture. I ragazzi giocano a pallone per le vie e si puliscono i piedi e le mani nelle pozzanghere che corrono lungo i bordi sudici”.

La mancanza di denaro e di cibo ha già colpito famiglie numerose che vivono in assoluta precarietà: la situazione diventerà drammatica se mancheranno gli aiuti a breve tempo. Aggiunge il salesiano che “oltre al cibo, mancano oggetti di prima necessità come carta igienica, pannolini, sapone e detersivi per lavare il corpo, gli indumenti, le stoviglie”. Nella disperazione, molti abitanti di queste favelas iniziano a scendere in città in cerca di parenti e amici o di enti assistenziali, moltiplicando per sé le probabilità di infettarsi. “Senza azioni specifiche, l’86% dei residenti nei quartieri poveri di San Paolo soffrirà la fame a causa del coronavirus” prevede, con la sua comunità molto preoccupata, p. Giacomo.

L’effetto economico del Covid 19 si presenta come la minaccia finale alla sopravvivenza delle famiglie: “Tre quarti delle persone che vivono in queste favela non possiede alcuna riserva economica. Non ha risorse per mantenersi al già bassissimo tenore di vita ordinario nemmeno per una settimana”. In tutto il Brasile il ‘lavoro nero’ interessa quasi 40 milioni di persone: nessuna di esse potrà godere di un sostanziale riconoscimento della situazione di disoccupazione. Il Governo centrale ha promesso di distribuire l’equivalente di circa 45 euro al mese, mentre il reddito precedente – per quanto precario – poteva arrivare a sette volte tanto.

Come i genitori non possono andare al lavoro, così i ragazzi non possono andare a scuola: “Le baracche sono piene di adulti e di bambini, mentre i loro armadi sono vuoti” denuncia p. Giacomo. Il divieto di movimento impedisce anche di frequentare l’oratorio, e l’effetto di questo è che le famiglie sono maggiormente in difficoltà. “La spesa delle famiglie per il cibo e il gas è aumentata molto nelle ultime settimane: prima si poteva fare affidamento su un pasto sostanzioso durante il giorno presso l’Opera Sociale, ma adesso le famiglie devono provvedere al pranzo oltre alla cena.

Per fare fronte a questa emergenza alimentare, i salesiani chiedono aiuti economici straordinari. Insieme non perdono il riferimento spirituale: “In un momento impensabile come questo, dove una tempesta improvvisa, mai vista prima, ha squarciato in maniera subdola il nostro quotidiano, trovare dove rifugiarci, come in porto sicuro, diventa impellente… per rigenerare le forze… per incontrare consolazione… per non farci inghiottire dalle paure” commenta padre Giacomo.

Tornerà l’attività ordinaria dell’Opera Sociale Don Bosco (della quale, promettiamo, descriveremo presto le caratteristiche ai nostri benefattori), sicuramente con l’aiuto di Maria: “Quante volte le nostre mamme, quando da bambini eravamo in disperate lacrime per una piccola escoriazione o peggio, dopo una rovinosa caduta, ci raccoglievano con dolcezza, facendoci ascoltare dal melodioso suono della loro voce, parole rassicuranti che come una carezza, instillavano serenità e fiducia: ‘non è nulla… già risolto… non c’è più’!’, mentre segretamente caricavano nel cuore materno la responsabilità di correre ai ripari” confida padre Giacomo Begni.

L’immagine della mascherina sul volto statuario di Don Bosco, con gli occhi che sembrano esprimere una dolorosa commozione, è emblematica dell’attuale momento. Giuste le precauzioni, compresa quella così rappresentata. Siamo sicuri che dietro a quella copertura rimanga una bocca pronta a dire le parole giuste ai giovani che guardano l’effigie e a sciogliersi in un sorriso quando la tempesta sarà passata

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Don Bosco con la mascherina in Brasile

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