15 giugno 2018
Viaggio missionario in Amazzonia – 4° parte
I popoli originari dell’Amazzonia sono abituati a governarsi mediante assemblee comuni in cui eleggono i coordinatori dei servizi collettivi. Così avviene anche per le attività religiose: sono loro che si riuniscono e indicano al parroco la persona stimata e buona che lo possa rappresentare. Il prete infatti lo vedono poco, perché il territorio è vastissimo. Ma non per questo la vita spirituale e religiosa si affievolisce: i ministri straordinari dell’Eucaristia guidano le celebrazioni e, una volta esaurite le ostie consacrate, si recano in parrocchia per riceverne altre.
Quando nasce, un bambino viene presentato dai genitori al coordinatore pastorale della comunità, il quale affida la coppia ai ministri per il sacramento del Battesimo. Una volta conclusi gli incontri la comunità presenta il bambino al sacerdote, e garantisce la preparazione dei genitori affinché sia amministrato il sacramento. Lo stesso avviene per la celebrazione dei matrimoni.
È molto bello il sabato mattina vedere tutte le famiglie riunirsi nella grande sala comune (di forma circolare o rettangolare) dove parlano, affrontano temi comuni, si confrontano e cercano le soluzioni ai loro problemi. Ogni famiglia porta qualcosa da mangiare e così, una volta concluse le discussioni, pranza insieme alle altre mangiando della condivisione. Abbiamo molto da imparare da questa gente semplice e povera.
Gli indigeni della regione di Iauaretê sono abbastanza bassi di statura, timidi e gentili. Le bambine sono particolarmente belle. Hanno una carnagione ambrata bellissima, occhi a mandorla neri, come neri sono i lunghi capelli lisci come seta, un nasino piccolo e schiacciato e labbra carnose che si schiudono in sorrisi aperti e sinceri. Un vero spettacolo da ammirare.
Peccato che purtroppo anche qui, a volte, i bambini siano vittime degli adulti. La violenza domestica è una piaga diffusa: gli adulti dipendenti dall’alcool, quando lo hanno bevuto perdono il controllo, e chi ci rimette sono i più fragili ed indifesi. È anche per loro che don Roberto Cappelletti sta costruendo un edificio in cui una sala è dedicata ad accogliere quei ragazzini e ragazzine che a volte lui trova al mattino quando scende per andare in chiesa, assopiti sotto i calcetti o i tavoli da ping pong dell’oratorio. Non sono potuti rimanere a casa perché i genitori erano ubriachi, soprattutto dopo le “feste brasiliane”, e non hanno preparato loro nulla da mangiare, e menano le mani quando se li trovano vicino.
Don Roberto, 48 anni, è arrivato quattro anni fa a Iauaretê ed ha capito che qui il suo cuore era in pace, a servizio di questa gente. Sacerdote salesiano originario della provincia di Treviso, sei anni fa si rivolse al Rettor Maggiore per andare in missione. Dopo un primo periodo trascorso in un grande collegio salesiano nel sud del Brasile, chiese di poter vivere con i più poveri. Come ci raccomanda con insistenza papa Francesco, le periferie geografiche, esistenziali, affettive sono l’oggetto di maggior cura della pastorale cristiana.
Dall’anno scorso i superiori gli hanno praticamente affidato tutta la missione: ora è direttore della comunità salesiana, parroco, economo, incaricato dell’oratorio, formatore del gruppo di giovani aspiranti alla vita salesiana: in tutto sette ragazzi di 17/18 anni indigeni che si interrogano sul proprio futuro e sulla possibile chiamata di Dio a consacrare la vita al servizio dei giovani.
Con don Roberto sono tre confratelli. Il più anziano, di origine austriaca, è padre Norberto: ha ottant’anni, trascorsi praticamente tutti in Amazzonia. Fu ordinato sacerdote proprio a Iauaretê più di cinquant’anni fa. Con la sua piccola barca percorre i fiumi visitando in continuazione le piccole comunità cristiane più lontane. Ha rischiato la vita innumerevoli volte, sfidando la furia delle rapide: una volta la corrente del fiume ha vinto la forza del motore della sua barca e lo ha trascinato in una cascata dove ha fatto un salto di 19 metri. La barca ammaccata, il motore distrutto…. ma lui non ha avuto nessun osso rotto. Non si arrende e programma la prossima visita ai suoi fratelli in Cristo.
C’è poi Victor, un salesiano coadiutore di ottantacinque anni molto ben portati. Viene dal Costa Rica ed è in Amazzonia da oltre quarant’anni. È l’uomo di casa: cura l’orto e le galline, crea un bel clima familiare con la sua giovialità.
Insieme accolgono un coadiutore di appena 24 anni, indigeno del posto, che sta svolgendo il periodo di tirocinio fra la sua gente. I quattro salesiani si stimano, si vogliono bene e si aiutano reciprocamente. Vengono dai quattro angoli del mondo, ma tutti hanno in comune la medesima vocazione e la vivono accanto ai più poveri e “lontani”.
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