La Cina è vicina: l’arte del ventaglio

Il Museo Etnografico Missioni Don Bosco resterà chiuso ancora per un po’, per questo motivo ogni lunedì vi presenteremo un oggetto della collezione, ciascuno legato alla storia e alle memorie di una comunità, ma anche al presente e alla memoria collettiva. Scopriremo insieme ciò che hanno da dirci sulla situazione straordinaria che stiamo vivendo.

Nell’immaginario collettivo, mai come in questo tempo, la linea della percezione dell’Altro è molto labile. Se l’Altro è la Cina, poi, abbiamo assistito in pochi mesi a un capovolgimento delle opinioni.

Prima che l’emergenza covid-19 diventasse una questione italiana, ci sono stati pericolosi segnali di intolleranza nei confronti delle comunità cinesi, dal boicottaggio dei ristoranti cinesi fino a episodi di esplicito razzismo.Quando in Italia ci sono stati i primi contagi, la Cina è stata additata come il Paese untore, la culla del contagio e persino il silenzioso cospiratore con la missione di diffondere il virus dai suoi laboratori al resto del mondo. Un nemico, quindi, da cui difendersi e sul quale proiettare sospetto e paure.

Poi, il colpo di scena: i cinesi da untori si sono trasformati in alleati nella battaglia al covid-19, in modello virtuoso da imitare. La Cina non è più stata il Paese da cui tutto è cominciato, ma quello che per primo è riuscito a sconfiggere il virus, il primo a dispensare consigli e a inviare aiuti concreti – dal personale sanitario altamente specializzato, ai respiratori alle mascherine – ai Paesi in difficoltà, quello che per primo è ripartito (e che grazie a questo avrà un vantaggio competitivo tutt’altro che trascurabile).

I sentimenti verso l’Altro cambiano secondo precisi momenti storici e allora si è dato spazio a una nuova narrazione della Cina. “La percezione della Cina non è mai stata univoca” afferma Cecilia Kwok, scrittrice cinese di seconda generazione. “Prima del processo massiccio di industrializzazione che la Cina ha messo in atto per affrancarsi dalla povertà, il paese era visto con ammirazione, fascino, come fosse una terra misteriosa. I manufatti cinesi erano considerati di altissimo pregio. Dopo il processo di industrializzazione l’etichetta ‘cinese’ è diventata l’aggettivo per qualsiasi tipo di prodotto falso o scadente”. In questo equilibrio precario tra percezioni diverse e a volte diametralmente opposte, l’ago della bilancia è la cultura.

Una delle più antiche tradizioni culturali cinesi che ha avuto grande risonanza in Occidente è l’arte del ventaglio. Inventati nell’epoca degli Shun (2550-2140 a.C.), quelli più comuni erano rotondi,  ovali o multiangolari, fatti di seta, carta, foglie essiccate o piume. Servivano non solo per rinfrescarsi, per cacciare via mosche e zanzare, ma anche per proteggersi dal sole o dal vento durante le parate, per arredare camere o palcoscenici teatrali.

Nel Museo Etnografico Missioni Don Bosco è conservato un ventaglio di seta ricamata con rami fioriti, a forma di cuore, con manico di legno. È stato portato in Italia nel 1924.
I manici dei ventagli erano erano realizzati con materiali diversi e tra i più pregiati c’erano il bambù di alta qualità, l’avorio, il legno duro, l’osso.
I ventagli, normalmente di carta o di seta, costituiscono spazi ideali per la creatività di pittori e calligrafi, che da secoli mettono a frutto il loro talento trasfromandoli in opere artistiche meravigliose.

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