“Maria che racconta”: non c’è nelle invocazioni dopo la recita del rosario una descrizione della Mamma di Gesù che richiami questa Sua caratteristica. Eppure una Sua qualità è proprio quella dell’essere stata testimone e comunicatrice dell’ineffabile esperienza di generazione e di sequela del Salvatore.
Di questa qualità, di questo impegno, è espressione anche la celebre pala che nella Basilica di Maria Ausiliatrice campeggia sopra l’altare. Don Enrico Lupano, uno dei salesiani di Valdocco impegnato nell’accoglienza dei pellegrini, ce ne dà un saggio nell’intervista che abbiamo realizzato in questi giorni di attesa della festa.
Maria, figura dominante nella rappresentazione dell’artista Tommaso Lorenzone da Pancalieri, pone al centro dell’attenzione il bambino che sorregge: come dire che tutta la devozione mariana è orientata al grande mistero dell’Incarnazione, dalla quale trae ragione la Speranza che anima la fede cristiana. Maria racconta di questo Figlio inatteso, eppure così desiderato per Lei e per tutto il genere umano: l’annuncio dell’arcangelo Gabriele comunica la Volontà di Dio Padre, quella di rendersi parte della carne che costituisce ogni persona e di liberarla dai limiti naturali per farla diventare vita senza limiti di tempo, buona ed eterna come Lui.
La Donna che concepì il nuovo Adamo raccontò agli apostoli, a Luca con particolare approfondimento, quanto accaduto nella sua vita. Possiamo pensare la prudenza con la quale diceva dell’Annunciazione, della reazione di Giuseppe, della contezza del mistero avuta nell’incontro con Elisabetta, la cugina, incinta di Giovanni.
Sicuramente disse molto del Figlio bambino e della sua maturazione religiosa, della quale Ella fu al tempo stesso promotrice discreta e consapevole vittima: preoccupata quando Lo perse adolescente nel tempio a Gerusalemme, trafitta anche Lei e quando Egli ritornò in quel tempio per l’ultima volta prima del Sacrificio.
Maria accompagnò i discepoli spaventati e interrogativi dopo la morte infamante sul Calvario, li aiutò a ricomporre il difficile mosaico dei suoi insegnamenti, li incoraggiò a ripetere i gesti da lui compiuti: la benedizione del pane e del vino, la condivisione della preghiera, lo stendere le mani verso i malati… È bello constatare che la Festa di Maria Ausiliatrice cada di anno in anno molto vicino alla Domenica di Pentecoste, a dire che l’innesco del fuoco dell’annuncio sia da affiancare alla memoria della vicinanza che Ella diede ai seguaci della prima ora, come a chi ancora oggi lo riceve.
È per questo che la pala dell’Ausiliatrice non si limita a descrivere il rapporto Madre-Figlio, a mostrare la Potenza espressa dall’Eterno, l’effusione dello Spirito in Lei e nell’Umanità, ma descrive – racconta, appunto – lo sviluppo della Chiesa: la Parola pazientemente distillata nei Vangeli; i due testimoni maggiori, Pietro e Paolo, servi della inculturazione del kerigma; gli apostoli, primi missionari mandati a predicare quell’Uomo a tutte le genti, fino ai confini della terra allora conosciuta dalla cultura ebraica.
Come ricorda don Lupano, nella pala della Basilica c’è il richiamo al Regno di Dio che vediamo crescere in Cielo con gli angeli che ne sono festosi alfieri, in Terra con le persone operatrici di carità che hanno eretto i luoghi dedicati alla celebrazione di questa Fede. Il rimando esplicito alla stessa basilica di Valdocco (e un altro santuario mariano, quello di Superga, sullo sfondo) dice che non occorre andare lontano per immergersi nella contemplazione dell’amore di Dio.
Maria ha raccontato; e oggi racconta la missione verso nuovi confini sia geografici sia esistenziali. Con Papa Francesco, che quest’anno ha chiesto di dedicare l’intero mese di maggio alla preghiera per superare la pandemia, abbiamo il richiamo ai luoghi in cui è più difficile vivere, dove non c’è protezione per i miseri e i piccoli. Sono i luoghi dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina dove i malati e i morti non hanno i soccorsi e la pietà che qui ancora riusciamo a esercitare; sono i luoghi delle nazioni ricche dove l’individuo si sente perso nei meccanismi della società, dove le nuove generazioni sono lasciate a se stesse senza adulti amici, dove chi bussa alle porte trova difficile accoglienza.
Sono questi i luoghi dove la Madre di Gesù va lesta come alla casa di Zaccaria ed Elisabetta, i luoghi dove invia le risorse di cuori trasformati da pietra in energia pulsante. Non la riconosceremmo come ausiliatrice se non vedessimo missionari partire e rimanere fedeli al mandato, animatori di oratorio restare presenti all’impegno preso, padri e madri disponibili a espandere gli affetti con i vicini, insegnanti appassionati delle persone che incontrano nelle aule, presbiteri e religiosi capaci di interpretare i ministeri di sempre alle condizioni del presente. Maria c’è, ascolta, dialoga con tutti questi figli della Luce. E racconta, a chi vuole ascoltare, del Suo amorevole affiancamento a chi fa fatica, è in ricerca, si vede perso. Lei c’è come a Cana di Galilea, e ripete quello che disse ai servi: “Fate come vi dirà”: è così, indicando il Figlio, che dona il Suo aiuto più grande.