Calcutta: caos in movimento

Viaggio missionario in India

Arrivare a Calcutta è come sbarcare su un altro pianeta per noi italiani, torinesi, abituati ai grandi viali dove tutti corrono ordinati rispettando la precedenza ai semafori e agli incroci stradali.

Le strade di Calcutta sono un “caos in movimento” dove si spostano tutti: uomini ed animali. Le mucche passeggiano tranquillamente sulle tangenziali. I cani si muovono in branchi, a volte numerosi, in cerca di qualcosa da mangiare. La gente va a piedi, in bicicletta, con i vecchi taxi degli anni ’60 di colore giallo, oppure ammassati all’inverosimile su sgangherati e pluriammaccati autobus dai colori sgargianti. Abbiamo visto qualche rarissimo risciò tirato a mano, molti ciclo risciò e ormai la gran parte a motore con l’Ape della Piaggio che domina la scena dei trasporti urbani. Il frastuono assordante dei clacson è il sottofondo continuo di chi percorre le strade. Tutti suonano, non tanto per protestare con l’autista indisciplinato come capita di solito dalle nostre parti, quanto piuttosto per avvisare del proprio arrivo.

In questa originale città dell’India, capitale della vecchia colonia britannica delle Indie Orientali, abbiamo visitato i luoghi di Madre Teresa di Calcutta.

Siamo stati nel collegio delle suore di Loreto da dove è partita la missione di Madre Teresa. Questo grande collegio femminile, che tutt’ora accoglie più di mille allieve, fu il convento nel quale visse per quasi vent’anni Madre Teresa, che ne fu anche la direttrice. Noi salesiani lo conosciamo bene, perché proprio le suore di Loreto negli anni ’70 ci hanno venduto un pezzo del loro enorme giardino con orto e peschiera, sul quale abbiamo costruito una delle opere salesiane in Calcutta. Siamo quindi confinanti con questo istituto di suore e nel quartiere gestiamo la parrocchia che in gran parte comprende lo slam dove ebbe inizio il servizio di Madre Teresa, ai più poveri fra i poveri.

Lo slum sta lentamente cambiando volto. Le baracche, le casupole addossate una all’altra e le tettoie di fortuna stanno lasciando il posto ai palazzi. Ci sono gli impresari edili che convincono i piccoli proprietari del suolo a cederlo in cambio di un mini appartamento al piano terra. Una volta ottenuto il consenso da tutti quelli di un isolato, buttano giù tutto e costruiscono un alto palazzo con decine di appartamenti. Ai piccoli proprietari della terra danno in cambio un mini locale al piano terra ed una piccola somma di denaro. Loro in cambio fanno affari d’oro vendendo tutti gli appartamenti dei piani superiori. Non finisce qui però il processo di cambiamento del quartiere, perché i poveri che si trovano a vivere in condominio finiscono con il non pagare le spese condominiali, quindi vengono sfrattati ed il loro piccolo appartamento requisito per far fronte ai debiti accumulati. La povera gente lascia così il proprio quartiere divenuto ormai un quartiere residenziale e si portano alla nuova periferia della città, dove si sta creando un nuovo slum. In questo modo la povertà non viene eliminata, ma solo spostata un po’ più in là, così da non disturbare la vista della gente per bene!

Giampietro Pettenon, Presidente di Missioni Don Bosco

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