Il Ruanda, stato dell’Africa orientale prevalentemente montuoso, ancora oggi nella mente di ognuno di noi viene ricordato come il Paese dove è avvenuto uno dei più sanguinosi eventi della storia dell’umanità del XX sec.
Tra aprile e luglio del 1994 furono uccisi violentemente con machete, bastoni e armi da fuoco circa un milione di persone appartenenti alla minoranza tutsi, considerati traditori da parte degli hutu, gruppo appartenente alla maggioranza del Paese. Un evento così violento che venne decretato come genocidio dalle Nazioni Unite, ovvero crimine costituito da “atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.
Oggi nel Paese la pace è tornata, ma la crescita purtroppo è ancora parziale, la maggior parte della popolazione vive nelle aree rurali e sopravvive a stento, la soglia delle persone che vivono sotto il livello di povertà, stabilito dalle agenzie ONU, ha raggiunto il 55,5%. L’economia del Paese si basa ancora in gran parte sulla coltivazione e sull’esportazione di alcuni prodotti come caffè e tè.
I salesiani di Don Bosco, presenti nel Paese dal 1964, da più di cinquant’anni si occupano principalmente di accoglienza, istruzione e formazione professionale, con progetti dedicati principalmente ai più giovani, i bambini e i ragazzi di strada. A Rango, città del sud del Ruanda, nel distretto di Huye, dal 1996 con la parrocchia San Giovanni Bosco e il Centro di formazione professionale i missionari portavano avanti corsi di ogni tipo: edilizia, sartoria, saldatura, falegnameria, discipline alberghiere, meccanica, cucina e corsi per diventare parrucchieri, un’enorme offerta formativa per cercare di costruire un futuro migliore per i più giovani. Ragazzi e ragazze che vengono dalla strada, vivono facendo piccoli lavori o commettendo piccoli furti, vengono spesso abusati e alcuni di loro coinvolti in traffici di droga. Secondo l’Unicef, in tutto il Ruanda si stima che per le strade delle città e dei paesi vivano circa 7 mila bambini di strada, numero che ha visto un incremento importante con la crisi economica causata dalla pandemia, la chiusura delle scuole e il livello di violenza domestica aumentato negli ultimi anni.
Il progetto Don Bosco Children Ejo Eza, avviato dai Figli di Don Bosco nel 2014, prevede un programma di avvicinamento dei minori in strada e un percorso di accoglienza e inclusione attraverso la riabilitazione psicologica, educativa e sociale con l’assistenza di un team di assistenti sociali.
L’agenzia stampa salesiana, InfoAns, riporta il racconto di alcuni ragazzi beneficiari del progetto: Kande è uno di loro, all’età di 10 anni ha iniziato a vivere per strada e a 16 anni ha scoperto la Casa salesiana: “La vita era dura. A volte la polizia veniva ad arrestarci e ci portava al centro di riabilitazione di Mbazi e stavamo lì per circa cinque mesi, e dopo, quando tu tornavi per strada, lottavi per trovare anche solo dove dormire e alla fine dovevamo dormire sotto i ponti”. Oggi Kande è uno dei ragazzi che partecipano alle attività del Centro di formazione professionale di Rango e la sua crescita personale è un esempio di speranza che i salesiani del Ruanda portano nel cuore tutti i giorni.