Riccardo Racca, 67 anni il prossimo 3 maggio, salesiano dal 1972, è stato missionario prima in Nigeria e poi in Ghana. A fine del 2020, fra le difficoltà dei viaggi internazionali a causa della pandemia, è riuscito a raggiungere la sua nuova destinazione, la Sierra Leone, “rimbalzando” da Valdocco, dove l’abbiamo incontrato.
Avevamo in programma di visitare con lui i luoghi di origine della sua vita, la cittadina di Piasco nel Cuneese: sarebbe stata un’occasione per evocare anche con riprese video lo sfondo geografico e culturale della sua vocazione, certamente non indifferente alla costruzione di una personalità pronta ad affrontare l’incognito e metterci di mezzo anche una componente di rischio. È vero che il missionario di oggi non “finisce nel pentolone di un villaggio di popoli primitivi” (come molta iconografia tra il realistico e l’esagerato vedeva esploratori e religiosi in avanscoperta), ma certamente mette in crisi molte delle sue abitudini e convinzioni, il che a volte non è meno destrutturante di un rischio fisico.
Per la verità, Riccardo Racca un ricordo sul suo corpo se lo porta: quando scopre la testa dal cappello che tiene costantemente tiene, appare una lunga cicatrice che corrisponde al colpo di un tubo metallico che gli fu inferto una sera che era andato a controllare da dove provenissero rumori sospetti nel magazzino della missione e si trovò di fronte a due ladri.
Racconta quell’episodio con l’umorismo, che è il tratto che emerge al primo incontro con lui, minimizzando l’accaduto e trovando spunto per “imparare qualcosa” anche dalla vicende più temibili.
Nigeria, insieme a due padri fondatori della missione salesiana in quel Paese, don Vincenzo Marrone e don Italo Spagnolo, deceduti nei giorni in cui Riccardo Racca stava facendo i bagagli per spostarsi da Accra in Ghana alla Sierra Leone. Poche cose portano con sé i missionari, per essere liberi di muoversi, ma anche perché i loro tesori li portano nel cuore. In Ghana si era entusiasmato per la nuova chiave di presenza a fianco dei giovani: con la campagna Stop Tratta aveva una volta di più compreso l’importanza di creare competenze e lavoro per gli africani per contrastare il mercato di uomini e donne destinate a diventare schiavi, oggetti sessuali, migranti nel deserto e nel mare. Anche quell’esperienza – che grazie alle sue competenze di insegnante di meccanica, di direttore di attività formative e, non ultima, di ragazzo contadino ha visto letteralmente fiorire in piccole imprese di produzione e commercio di frutta e verdura – costituiva l’inveramento del metodo educativo salesiano, una legittima soddisfazione per la sua vocazione. Ma lo spirito deve rimanere quello del “servo inutile”. E così, con la stessa naturalezza con la quale era passato nel 1996 dal tranquillo impegno nella scuola professionale a Torino Valdocco, ha fatto il passaggio da un Paese, il Ghana, dove una persona dispone mediamente di circa 4.600 dollari all’anno a un altro, la Sierra Leone, dove provare a sopravvivere con poco meno di 1.800 (dati del Fondo Monetario Internazionale). Una “discesa” dal gradino 137 al 173° nella scala mondiale che conta 187 Stati.
Con l’animo sempre pronto a cogliere il lato positivo degli eventi e delle persone, Riccardo continua a essere testimone oltre che educatore: ci ha dato notizie in tempo reale sull’incendio che ha distrutto migliaia di abitazioni nella capitale Freetown. Ha accompagnato l’invio con un commento che potrebbe sembrare una “battuta” pensando al suo umorismo, ma che è un aforisma che dice tutto della gravità della situazione e dell’impotenza ad affrontarla: “Con un oceano di acqua davanti si rischia di morire arrostiti”.
Egli ci documenta anche il fervore di attività di salesiani in quella città di più di un milione di abitanti affacciata sull’Oceano Atlantico, che ha una storia legata a tre fasi dello schiavismo: la cattura e la spedizione degli Africani verso le Americhe, il ritorno artificioso di alcuni di essi per volontà degli Inglesi che generò conflitto con i residenti, il colonialismo che coinvolse il Paese anche sul piano militare fino alla Seconda Guerra mondiale. Gli effetti di quel lungo terremoto sono state le lotte intestine fino ala guerra civile che si è risolta nell’intervento delle forze armate della Nigeria e dalla Guinea oltre che di mercenari sudafricani.
Non occorre molta intuizione per capire che la lunga storia di Freetown non può che tradursi in debolissima capacità economica e povertà diffusa. Le vittime più indifese sono le nuove generazioni, alle quali i salesiani vanno incontro occupandosi dei ragazzi che finiscono nella prostituzione o in carcere.
Riccardo Racca cerca anche lì “Il lato positivo”. Ci ha inviato un mese fa una fotografia e una didascalia che spiega la gioia del soggetto ripreso: “Questo mio ragazzo è uscito oggi dal carcere!”. Ha poi commentato: “È stata una esperienza davvero indimenticabile. Il progetto dei salesiani continua fino a settembre e speriamo sia rinnovato per altri 24 o 30 mesi”. Piccoli miracoli di cui sono testimoni, e agenti per la loro parte, i nostri missionari sostenuti dai benefattori con il 5×1000.
L’ultimo “miracolo” che ci segnala è affidato alle competenze sanitarie, ma anche alla volontà di qualcuno che se ne faccia carico: “Un giovane ha perso una parte della gamba per un incidente durante il periodo dell’ebola (il virus che ha segnato pesantemente quella parte d’Africa negli ultimi decenni; n.d.r), quando andare in ospedale era molto più rischioso che soffrire a casa per mancanza di cure. Ho trovato un piccolo sponsor e stiamo cercando di sistemargli un arto artificiale così che possa buttare le stampelle e vivere una vita normale”.