I salesiani in Togo: accoglienza e formazione qualificata

Il Togo, stato dell’Africa occidentale che si affaccia sul Golfo di Guinea e confina a nord con il Burkina Faso, a ovest con il Ghana e a est con il Benin, è un Paese con 7.889.094 milioni di abitanti e una complessa storia politica. Ha vissuto due colpi di stato, il primo nel 1963, attraverso il quale venne destituito il primo presidente eletto dopo l’indipendenza dalla Francia, il secondo nel 1967. Successivamente fu instaurato un regime monopartitico con a capo il sergente Étienne Eyadéma, morto nel 2005, poi succeduto, dopo numerose rivolte popolari, dal figlio di Eyadéma. 

Il Togo è un paese tristemente noto alla Famiglia Salesiana, poiché è stata la prima destinazione del missionario spagnolo don Antonio César Fernández, protagonista di un tragico evento accaduto il 15 febbraio 2019. Dopo aver partecipato a Lomé, la capitale del paese, alla prima sessione del Capitolo Ispettoriale Provinciale, padre Fernández, insieme ad altri due salesiani, poco dopo la frontiera tra Togo e Burkina Faso, fu vittima inaspettatamente di un agguato ad opera di un gruppo di jihadisti e morì con 3 colpi di arma da fuoco.

Il tasso di povertà del paese è fra i più alti al mondo, secondo gli organismi internazionali, oltre l’80% della popolazione rurale vive in condizioni di estrema povertà e i minori sono quasi il 50% di questo segmento. Un bambino su otto non raggiunge il quinto anno di età e la percentuale di bambini che abbandona la scuola è molto elevata. A causa della povertà dilagante, migliaia di bambini, per aiutare le loro famiglie, sono costretti a fare lavori di ogni tipo in condizioni di sfruttamento e di pericolo. La speranza di vita, che si attesta a 59 anni, è un indicatore che descrive perfettamente l’arretratezza e le condizioni sociali ed economiche della popolazione.

La presenza della Famiglia salesiana in Togo è distribuita in sei missioni, in particolare, le attività si svolgono in 36 Centri e sono oltre gli 800 fra salesiani, animatori, volontari religiosi e laici, coloro che lavorano al fianco della popolazione più svantaggiata.

Fin dal primo giorno, i Figli di Don Bosco si sono dedicati ai ragazzi di strada, giovani che vengono abbandonati dalle famiglie estremamente indigenti oppure ragazzi che scappano perché costretti a lasciare la scuola e a iniziare a lavorare per avere una piccola entrata in più e poter fare almeno un pasto al giorno. I salesiani gestiscono numerosi case in cui vengono portate avanti attività di sostegno e accoglienza, progetti di alfabetizzazione, oltre a quelli di assistenza psicologica e psicosociale; gestiscono scuole e Centri di formazione professionale.

La comunità salesiana del Togo collabora con le carceri minorili e per adulti, finanziando e gestendo progetti di reinserimento di ragazzi che prevedono il ritorno graduale in famiglia o in un Centro di accoglienza e successivamente a scuola, con lo scopo di consentire al ragazzo di acquisire nuovamente autonomia e fiducia in se stesso e negli altri.

Dall’inizio della pandemia da Covid-19, i missionari hanno gestito numerose progetti di distribuzione di mascherine e kit igienici (sapone e gel disinfettante), oltre al realizzazione di postazioni, serbatoi e fontane per garantire acqua pulita alla popolazione delle zone rurali. Inoltre sono state riorganizzate le attività scolastiche con attività da remoto, linee telefoniche di supporto alle famiglie e sostegno psicosociale per i ragazzi e le ragazze.

A Kara, seconda città del paese per numero di abitanti, migliaia di giovani non hanno accesso alla scuola e la disoccupazione giovanile è molto elevata. Tanti ragazzi e ragazze hanno lavori precari e non qualificati, per cui questo segmento della popolazione risulta essere ancora più vulnerabile. E per questo motivo, la comunità dei Figli di Don Bosco si occupa, da 35 anni, di formazione professionale in modo tale da fornire strumenti e competenze di valore e aiutare i ragazzi e le ragazze ad integrarsi nel mondo professionale.

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