Giocare a Risiko sulla pelle dei migranti

Lampedusa, e l’Italia intera, ricordano oggi le 368 vittime del naufragio del 3 ottobre 2013, quando un barcone carico di migranti naufragò davanti all’Isola dei Conigli.

518 persone, quasi tutte di origine Eritrea, si imbarcarono dalla costa del continente Africano versando 1600 dollari a testa, si misero nelle mani di trafficanti di uomini. Di “Caronte” moderni ne è pieno il Mediterraneo, trafficanti senza scrupoli che vendono speranza. Ma anche quel traghetto, l’ennesimo di quel l’anno, ebbe un’avarìa ed affondò. Nessun superstite tra chi era ammassato nella stiva, nessuno dei bambini a bordo sopravvisse. Gli altri, i sopravvissuti all’inferno, vennero tutti accusati di reato di clandestinità.

L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni stima che, nel 2015, i migranti deceduti nel Mediterraneo siano stati 3771. 3771 persone che fuggivano da guerra, persecuzione e povertà. In questo 2016, non ancora terminato, si contano già oltre 3000 vittime.

In questo momento storico ONU e UE sono chiamati a fronteggiare una grave emergenza e, parallelamente a dover gestire la crescita e la proliferazione del germe dell’intolleranza nei paesi europei di destinazione. Il recente vertice ONU si è concluso sostanzialmente con un nulla di fatto, o quasi: un piano operativo reale e concreto a livello globale non esiste. Non ancora.

E così le iniziative dei singoli paesi si susseguono in modo scoordinato, tese a proteggere se stessi piuttosto che ad accogliere, ad arginare l’emergenza piuttosto che ad agire secondo una strategia partecipata di lungo periodo.

Dichiara Nico Lotta, Presidente della ONG Volontariato Internazionale per lo Sviluppo: “Il ricordo, la memoria condivisa di eventi tragici non deve essere il fine, ma lo strumento per una riflessione: l’Africa deve tornare ad essere una priorità nell’agenda della politica estera italiana ed europea. Il fenomeno migratorio non è un’emergenza da tamponare con misure provvisorie e con assai discutibili accordi con i governi dei paesi di origine e di transito al solo scopo di bloccare i flussi diretti in Europa. Sono piuttosto necessari interventi di lungo periodo, concreti e pensati sulle reali esigenze delle popolazioni locali, a partire dalle sistematiche violazioni dei diritti umani e dalle profonde diseguaglianze”.

Il VIS e Missioni Don Bosco sono presenti in Africa da decenni a fianco dei Salesiani di Don Bosco. Nell’ambito della lotta alla migrazione irregolare e al traffico di esseri umani, conducono specifici progetti di sensibilizzazione e di sviluppo. In Italia supportano la rete salesiana di assistenza e accoglienza dei migranti, in particolare rifugiati e minori non accompagnati, che rappresentano uno dei segmenti più vulnerabili e a rischio nell’attuale situazione migratoria verso il nostro Paese.

Afferma Giampietro Pettenon, Presidente di Missioni Don Bosco. “In Ghana, Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal ed Etiopia lavoriamo per sensibilizzare i potenziali migranti sui rischi del viaggio e per promuovere progetti di sviluppo in loco. Con la nostra campagna Stop Tratta. Qui si tratta di esseri umani, abbiamo già raggiunto migliaia di giovani e intendiamo ampliare ancora l’impatto delle nostre azioni”.

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