Viaggio Missionario in Madagascar – prima parte
Mercoledì 2 novembre siamo andati nella Casa di rieducazione per minori di Antananarivo, capitale del Madagascar. Si tratta di una struttura carceraria con un impianto tipicamente militare, praticamente una caserma, con bassi edifici disposti sul perimetro esterno ed un ampio cortile scoperto al centro. Vi è accolto un centinaio di ragazzi – dagli otto anni ai diciotto – trovati a delinquere, spesso denunciati per furti (una gallina, il cellulare…) e per questo reclusi in attesa di giudizio o per scontare la pena. Una cosa inimmaginabile per noi Italiani.
Più che un centro di rieducazione a questi ragazzi servirebbe/basterebbe una bella tirata d’orecchi. Chiusi in una area circondata da un alto muro, stretti in spazi che ne potrebbero accogliere meno della metà, sorvegliati da funzionari statati mal pagati e quindi demotivati, questi ragazzi se prima potevano essere potenziali delinquenti, dopo qualche tempo saranno delinquenti professionisti: in quella condizione il risultato è garantito!
I salesiani da circa dieci anni hanno avviato una collaborazione con questa Casa di rieducazione, iniziando con una animazione domenicale che via via si è ampliata. I responsabili della struttura hanno capito che la presenza dei salesiani aiuta molto i ragazzi ad esprimere la propria vitalità, il desiderio di giocare, di far festa…
La nostra giornata di visita è iniziata con i novizi salesiani, giovani che si preparano alla vita consacrata e che hanno la casa di formazione a pochi chilometri da questa struttura alla periferia della città. Abbiamo animato la S. Messa celebrata da un sacerdote salesiano. Anche in Madagascar il 2 novembre si ricordano i cari defunti. Tutti i ragazzi hanno partecipato con una serietà e una devozione esemplari: se non avessi saputo di trovarmi in un carcere minorile, avrei pensato piuttosto ad un seminario minore tanto erano la compostezza, la partecipazione al canto e l’attenzione gli uni verso gli altri. Tutti hanno partecipato alla Messa con rispetto, anche i pochi musulmani e i molti cristiani protestanti. Terminata la celebrazione c’è stata la distribuzione di un pacchetto di biscotti a tutti, comprese le guardie che l’aspettavano con un desiderio almeno pari a quello dei minori custoditi.
100 cucchiai per 100 ragazzi. E un piatto sostanzioso.
Le guardie si sono dimostrate molto umane e cordiali con noi, tanto che prima di pranzo una di esse ci ha detto queste parole commoventi: “Se anche non portaste nulla, la vostra presenza sarebbe il miglior regalo perché i ragazzi, quando ci siete voi, si trasformano. Si respira un clima del tutto diverso dagli altri giorni”. Questi sono i miracoli di Don Bosco!
A mezzogiorno i ragazzi si sono radunati in fila secondo i gruppi di età per l’appello prima di entrare in refettorio: siamo in un carcere e la conta dei presenti si deve fare tre volte al giorno.
Il pasto festeggiava la nostra visita, come di domenica quando il pranzo è speciale perché lo portiamo noi salesiani, preparato dalle nostre cuoche e distribuito dal personale del carcere.
Tempo fa il Governo malgascio ha ridotto i fondi per il mantenimento di questi ragazzi, che di conseguenza patiscono la fame. Da più di un anno serviamo il pranzo della domenica, grazie ai fondi raccolti dai benefattori di Missioni Don Bosco. Abbiamo proposto alla direttrice del carcere di occuparci del pasto quando andiamo a fare animazione. La proposta accolta ben volentieri, con la richiesta di portare i sacchi di riso e la carne alla loro cucina: ma se portiamo gli alimenti questi non finiscono ai ragazzi detenuti, poiché se li spartiscono le guardie per portarseli a casa. Noi salesiani siamo semplici ma non ingenui: abbiamo stabilito con la direttrice che sarebbe stato meglio se il cibo lo avessimo cucinato noi e portato già pronto per lo scodellamento. Le guardie possono mangiare con i ragazzi ma in questo modo si evita che si portino via la gran parte del cibo.
Così abbiamo fatto anche per le posate: 100 cucchiai nuovi di acciaio per 100 ragazzi. Sembrerà strano, ma finalmente tutti possono mangiare contemporaneamente: la struttura non ne aveva abbastanza e i ragazzi più piccoli dovevano aspettare che i più grandi finissero di mangiare per vedersi dare il cucchiaio da loro usato, fino a quando non abbiamo portato la posata cucchiai per ciascuno.
Che festa vedere i ragazzi con un enorme piatto di riso, con sopra un po’ di carne e verdura, e con una banana. Gli altri giorni della settimana ogni pranzo prevede 5 chilogrammi di riso per 100 ragazzi, e basta.
Il gioco per vincere di che vestire
Nel pomeriggio nel cortile centrale ci sono stati i giochi con i quali i ragazzi potevano guadagnare dei punti da spendere in un “negozio”: 3 punti per un sacchetto di pop corn, 6 per un rosario in plastica, 10 per un’agenda e per tanti altri articoli. Era uno spettacolo vedere questi ragazzi partecipare con entusiasmo alla corsa con i sacchi, al gioco delle bocce, al tiro a canestro… e via con l’accumulo dei punti. Poi la scelta del premio da “comprare”.
Dicevamo delle guardie che spesso incamerano le cose donate al carcere invece di darle ai ragazzi. Così è anche per i vestiti. Ed ecco qua che i salesiani hanno trovato il sistema per distribuire i vestiti a tutti senza infrangere le regole del carcere: una lotteria con 100 premi per 100 ragazzi. Tutti vincono qualcosa da vestire, l’incognita sta solo nell’indumento che viene estratto con il biglietto che ogni ragazzo ha ricevuto: t-shirt, polo, maglioni, pantaloni, scarpe da ginnastica, zainetto… Tutto “firmato” e di gran qualità perché una ditta italiana, che ha una catena di boutique vicino a Venezia e che ci conosce molto bene, i fondi di magazzino invece di metterli in svendita in Italia li invia in missione.
Incredibile vedere questi ragazzi coperti di stracci che si mettevano le scarpe della Robe di Kappa o la polo griffata. Ho visto un ragazzo fra i più grandi, che aveva vinto una maglietta stretta per lui, chiedere ed ottenere da uno dei piccolini lo scambio con la sua, che invece gli era troppo grande.
Ogni ragazzo ha vinto un indumento, ma insieme anche un panino: erano le quattro del pomeriggio e la merenda ci voleva proprio!
Mi è venuto in mente Don Bosco che all’inizio del suo ministero sacerdotale andava alla Generala – il carcere minorile di Torino – e faceva esattamente le stesse cose: giocava con loro, pregava con loro, faceva fare loro merenda. Si racconta che le fette di salame che metteva nel pane erano talmente sottili che guardandole in controluce…. si vedeva Superga (la basilica che sta sulla collina di Torino). Assieme a quel pane, Don Bosco faceva trovare quella fetta di salame affinché la vita avesse un po’ di gusto… come quella carne e quella verdura bollita in cima alla montagna di riso che i ragazzi del carcere minorile di Antananarivo mangiano la domenica, affinché anche la loro vita, seppure reclusa, possa avere un po’ di gusto.
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