Cosa può significare che il nuovo presidente di Missioni Don Bosco (e Procuratore missionario dell’Italia) provenga dall’Argentina, la terra dove Don Bosco inviò i suoi primi figli per un progetto missionario?
Don Daniel Antúnez, è arrivato da poco a Valdocco e il suo primo impegno nel suo nuovo ruolo, affidato fino ad ora al coadiutore Giampietro Pettenon, è quello di conoscere la cultura italiana, fatta di particolarità che – a partire dalla stessa Torino – riguardano ogni lembo della Penisola, conoscere la gente, entrare nel vivo del lavoro della Procura missionaria e del gruppo di lavoro già attivo all’interno della Procura. Dal 1° settembre è ufficialmente il nuovo Presidente di Missioni Don Bosco, nuovo Procuratore delle missioni salesiane.
È un compito che affronta volentieri con l’esperienza di un 61enne che è stato per 18 anni pastore in Patagonia, alla fin del mundo, come ha insegnato a tutti a considerare quella terra il cardinal Bergoglio divenuto Papa, 13 anni nella Terra del Fuoco e 5 a Santa Cruz.
Degli Italiani ha l’immagine dei missionari con l’accento piemontese che in quel 1875 della prima spedizione missionaria partirono in nave con destinazione Argentina, Buenos Aires, e dei salesiani poco più anziani di lui provenienti dalle nostre province che ha visto lavorare in maniera instancabile, con grande generosità. Ora è qui, “dove tutto è incominciato”, compresa la catena umana che ha portato lui a incontrare gli studenti di teologia della Casa del Sacro Cuore di Buenos Aires, quando frequentava la cappellania di Sant’Ignazio nella periferia della capitale. È lì che il tredicenne Daniel rimase folgorato dallo spirito di quei figli di Don Bosco, carichi di voglia di stare con i giovani. A seguire le domande se quell’entusiasmo in lui suscitato poteva trasformarsi in vocazione e in quale forma dovesse esprimersi, fino a che a 24 anni fece la professione religiosa nella data fatidica del 31 gennaio, festa di Don Bosco. Era il 1983.
Trascorsero altri dodici anni prima che la partecipazione al carisma salesiano si concretizzasse nell’ordinazione sacerdotale: si dedicò al servizio pastorale, impegnandosi nell’insegnamento di materie umanistiche ai ragazzi. Destinazione Puerto Desiado nella provincia di Santa Cruz, per quattro anni; successivamente i superiori gli chiesero di spingersi ancora più a Sud, fino a Rio Grande e a Ushuaia, da dove ci si affaccia sull’Antartide. Durante la sua visita a Ushuaia, il Rettor Maggiore di quegli anni, don Pascual Chávez Villanueva, lo fece affacciare a una finestra della casa allora disastrata dei salesiani e gli consegnò il desiderio che in quella località – porto estremo del cono sudamericano, avviato a diventare una città che oggi punta ai 100.000 abitanti – subisse un importante intervento di ristrutturazione. “E chi mi dà i soldi per realizzarla?” domandò don Daniel. ”Iddio”, fu la risposta del suo superiore.
In tutto è rimasto 18 anni in Patagonia, affrontando il tema cruciale dello sradicamento dei giovani in quella regione, obbligati ad emigrare una volta compiuti gli studi superiori, per cercare lavoro a Buenos Aires o in altre città, o per terminare gli studi per un’altra fetta di giovani. Uno strappo per qualsiasi progetto educativo, una sofferenza per chi cerca di costruire relazioni durature con le persone. Ma anche questo serve a temprare il carattere di un salesiano per quando viene poi chiamato ad assumere compiti maggiori. Dopo, padre Daniel fu richiamato a Buenos Aires per collaborare con il nuovo ispettore dell’Argentina, don Ángel Fernández Artime (futuro Rettor Maggiore), proveniente dalle Asturias, Spagna. Divenne poi vicario dell’ispettore e in seguito divenne economo.
“Ho sempre seguito quel che Dio mi ha chiesto attraverso la Congregazione”, commenta ancora ai primi approcci con la comunità di Valdocco. E condivide una riflessione personale: “Ora sono qui per portare la mia esperienza a servizio di Missioni Don Bosco, certamente. Ma probabilmente anche per rileggere il mio percorso spirituale”.
Continua con i ricordi che lo spingono a vivere con intensità il presente: “La Patagonia ha formato il mio cuore perché ho vissuto il carisma della Congregazione con grandi salesiani e direttamente a contatto con i giovani. Oggi ho la possibilità tutti i giorni di ‘passare’ a trovare Don Bosco. Quando mi proposero il nuovo incarico la prima cosa che pensai è: ora vado a vivere con lui!”.
Il programma di padre Daniel per Missioni Don Bosco si esprime con queste parole che si traducono nella considerazione che anche le persone che lavorano con lui partecipano a questo carisma con pari dignità nella diversità dei ruoli; così come gli amici e i benefattori che ha iniziato a conoscere. “Vivo questa nuova esperienza come un regalo, felice di essere salesiano. Guardo la mia storia e mi dico che non è possibile che sia stato io a scriverla, ma che l’ha scritta Dio!”