Cari amici,
la seconda tappa del nostro viaggio in Brasile è Cruzeiro do Sul (Croce del Sud), una cittadina nell’estrema parte occidentale del paese, a pochi chilometri dal Perù.
Pensate che per arrivarci in aereo da San Paolo del Brasile ci vogliono ben sei ore di volo e il cambio di due fusi orari. Ho passato gran parte del tempo di viaggio con il naso incollato al finestrino dell’aereo per guardare la terra che stavamo sorvolando. Quello che si nota dall’alto è che la foresta amazzonica sta veramente sparendo, un po’ alla volta, per lasciare spazio a coltivazioni intensive e praterie in cui pascolano i bovini.
I “ritagli” di foresta sono delimitati da linee geometriche che formano disegni astratti nei quali si distingue chiaramente la massa oscura degli alberi da quella gialla e marrone delle aree coltivate e a pascolo. Il processo di deforestazione assomiglia a tante piccole cicatrici nere lasciate dagli incendi di una porzione di terreno che in poco tempo diventeranno campi coltivati. Dal cielo i grandi fiumi che attraversano questa immensa pianura somigliano a serpenti “ubriachi” che si snodano lentamente in un percorso a zig zag continuo. Siamo nella stagione secca e si vedono ampie spiagge di sabbia candida ad ogni insenatura dei fiumi.
A Cruzeiro do Sul i salesiani non sono ancora arrivati, o meglio, ne è arrivato solo uno tre anni fa, il vescovo mons. Flavio Giovenale, originario della provincia di Cuneo, è partito per le missioni in Brasile a soli vent’anni, ora ne ha sessantasette, da ventiquattro anni è vescovo. Questa di Cruzeiro è la terza diocesi che il Santo Padre gli ha affidato in tutti questi anni di episcopato. Don Flavio, come tutti lo chiamano, è un uomo buono, con un largo sorriso; un vero pastore che conosce l’odore delle pecore, di quelli che piacciono a Papa Francesco.
La diocesi di Cruzeiro è grande quanto il nord Italia, ma con soli 350.000 abitanti raccolti in alcune cittadine e molti altri invece dispersi in piccole comunità che si raggiungono in barca, navigando lungo i fiumi fino a una settimana. Le parrocchie sono 15 (non lasciamoci ingannare dal basso numero perché ogni parrocchia corrisponde ad una nostra diocesi in quanto ci sono poi 20 e persino 30 cappelle distribuite nel territorio dove sono presenti le comunità più periferiche) e i preti diocesani sono 17.
Nascere in una regione così periferica limita molto i sogni di futuro dei giovani: spesso il traguardo più ambito è arrivare fino a Cruzeiro do Sul, dove ci sono scuole, movimento di persone e vie di comunicazione più veloci di una piccola barchetta sul fiume. Ma i sogni spesso vengono frustrati da una realtà ben più dura del previsto: disoccupazione, precarietà di abitazioni, calamità naturali. La chiesa cattolica si dà da fare come può e ci sono bellissime testimonianze di aiuto ai più bisognosi.
Abbiamo conosciuto e visitato l’opera sociale di padre Guillermo, un sacerdote diocesano tedesco venuto volontariamente in Amazzonia più di quarant’anni fa. Ha aperto e gestisce una comunità di recupero per giovani tossicodipendenti in una fazenda (azienda agricola) in cui si produce latte, biscotti e si allevano pesci. I tre cardini del suo sistema educativo e di recupero sono il lavoro, la fraternità e la spiritualità. Molto vicino a Don Bosco, questo prete ormai anziano, tanto che ha dedicato la sua struttura educativa al santo dei giovani.
Un’altra esperienza molto bella l’abbiamo incontrata nella periferia di Cruzeiro, nei quartieri fatti di baracche di legno con il tetto in lamiera, che sorgono lungo l’alveo del grande fiume Jurua, che attraversa la città. Queste case di legno in realtà sono palafitte costruite su alti pali perché quando viene la stagione delle piogge e il fiume va in piena, tutti questi quartieri vengono allagati, e per mesi non si esce di casa se non con una barca o camminando su traballanti passerelle.
È una zona pericolosa perché gli abitanti sono sotto il controllo e la “tutela” della mafia locale che gestisce il traffico di droga che viene dal vicino Perù. La polizia locale in questi quartieri non entra. Ci entrano però i volontari del Movimento Shalom coordinati da Antonia, una giovane mamma, impiegata di banca, donna cordiale e decisa, che dedica ogni pomeriggio al coordinamento di un piccolo ma significativo centro di aggregazione post scolastico per bambini e ragazzi dai sei ai dodici anni.
In questa casa intitolata a Madre Teresa una cinquantina di piccoli trovano educatori (tutti volontari) che li aiutano a fare i compiti, danno ripetizioni ai più fragili e a tutti una bella ed abbondante merenda a fine giornata, che per molti di loro è anche l’unica cena che fanno.
Il vescovo salesiano, appena arrivato nella sua nuova diocesi, si è reso conto che c’era bisogno di qualcuno che si prenda a cuore il futuro dei giovani in via preventiva, così da evitare esperienze fallimentari e cadute in vizi e pericoli che compromettono il futuro. Ha chiesto quindi aiuto ai salesiani di Manaus ed è nata una collaborazione che sta portando pian piano il suo frutto: verrà aperta una nuova opera salesiana con oratorio e centro di formazione professionale, proprio come la Valdocco di Don Bosco dei primi anni. È già pronta la casa per la comunità salesiana e una parte dell’oratorio. Per cominciare si è pensato di avviare dei corsi di formazione professionale in tre aree specifiche: alimentazione, cura della persona e impianti civili, con percorsi per panettiere, pasticcere, parrucchiere, estetista, idraulico, elettricista, per la realizzazione di impianti fotovoltaici… C’è tanta attesa per questa nuova presenza salesiana. Le sfide non mancano, non resta che confidare e affidarsi alla Divina Provvidenza, sarà Lei a procurare uomini e mezzi per questa impresa. Noi però vogliamo fare la nostra parte, come diceva Don Bosco: “quando si tratta di salvare la gioventù io sono disposto a fare di tutto, anche a strisciare la lingua da Torino fino a Superga”. Così i salesiani, veri Figli di Don Bosco, che hanno a cuore il bene dei giovani sono disposti a tanti sacrifici pur di vederli felici nel tempo e per l’eternità.
Giampietro Pettenon
Leggi la prima parte del viaggio: La capitale sognata da Don Bosco – Diario di viaggio in Brasile