LA STORIA DI MAWUFEMOR
Mawufemor, 14 anni, è arrivata al centro piena di speranza. Era in evidente stato di malnutrizione.
“Le sfide della mia vita sono iniziate dopo la separazione tra i miei genitori. Mia madre mi ha lasciato alle cure di mio padre che mi costrinse ad andare a stare con lui in un villaggio vicino al lago Volta dove pescava. Ho dovuto abbandonare la scuola. Ma quello non era l’unico sacrificio: mi ha anche affidata a una donna che vendeva pesce nel villaggio per addestrarmi nella vendita. Dopo la morte di mio padre questa donna mi ha mandata a vivere presso un pescatore. Mi svegliavo all’alba e mi coricavo a tarda notte. Facevo i lavori domestici e continuavo a vendere pesce.”
Quando è arrivata al Centro, Mawufemor era molto traumatizzata.
“Per diversi anni, non sono andata a scuola, indossavo abiti logori e spesso andavo a dormire senza cena. Quando il mio “padre adottivo” andava a pescare, mi lasciava per giorni da sola in casa senza cibo. Mi sgridava e insultava continuamente. Mi molestava. Sono stati momenti spaventosi. Ero terrorizzata e non ho mai parlato a nessuno degli abusi. Un giorno ho commesso l’errore di cercare aiuto da un vicino, ma questo semplice gesto ha fatto imbestialire il mio padre adottivo. Mi ha punita severamente. Per fortuna qualcuno riferì a mia madre la situazione. Si era risposata, aveva avuto due bambini. Il mio patrigno lavorava come inserviente nella camera mortuaria di un ospedale e mia madre era disoccupata. Mia madre, mi ha presa a carico, indebitandosi seriamente per provvedere ai miei bisogni. Un giorno mi spaventai molto quando un creditore minacciò di denunciare mia madre alla polizia. In quel momento capii che non sarei mai riuscita a diventare infermiera come desideravo. Avevo perso ogni speranza per il futuro. La possibilità di tornare a lavorare come domestica per far quadrare i conti era sempre più concreta. Ma la Provvidenza accorse finalmente in mio aiuto. Un giorno mia madre tornò a casa felice dicendo che c’era un gruppo di persone che si occupava di recuperare i bambini che lavorano in schiavitù sul lago Volta… Le ho incontrate e ho accettato con riluttanza di andare con la squadra di soccorso in un posto di cui non ho conoscenza. Sono finito in un posto chiamato Don Bosco Center.
Mi sono subito sentita amata e accolta. Gli incontri a cui ho partecipato mi hanno aiutata a riconquistare la mia autostima. Oggi posso dire con sicurezza di voler imparare il più possibile e sono più che disposta a dare una mano ai bambini più piccoli del Centro. Sono felice e credo nel futuro.
LA STORIA DI REBECCA
Rebecca è una ragazza di 15 anni che è stata portata al centro per la riabilitazione dopo una campagna di sensibilizzazione della comunità sul lavoro minorile e la tratta di esseri umani in Ghana, a Mafi- Atitekpo e nei villaggi vicini. Alcuni genitori in risposta alla campagna hanno volontariamente ritirato i loro figli dalla situazione di schiavitù in cui si trovavano.
“I miei genitori mi hanno lasciato per cercare lavoro altrove in tenera età. Mia nonna ha cresciuto me e i miei 7 fratelli. Prima di compiere 10 anni, ho iniziato a occuparmi della mia anziana nonna. All’inizio non è stato un compito difficile, ma con mia sorpresa, mi è stato poi chiesto di unirmi ai miei zii nel settore della pesca. Ho iniziato a pescare all’età di undici anni svegliandomi alle 5:30 del mattino per andare al lago con i miei sette zii. Gettavo le reti da pesca e li aiutavo a remare. pagaiare la canoa a volte. Lavoravo dalle 5:30 alle 17:00 con una breve pausa alle 11:00. Ero anche responsabile della preparazione della cena per la famiglia. Non avevo giorni di riposo perché nei giorni in cui non ero sul lago, lavoravo nella nostra fattoria. I miei zii vendevano il pesce e davano una parte del denaro a mia nonna. Il problema più grave era che stavo crescendo, ma non avevo mai messo piede in una scuola. Ogni volta in cui ho accennato al problema della scuola, l’unica risposta che ottenevo è che non c’erano soldi. Nessuno si interessava della mia educazione e del mio futuro. Il mio desiderio di andare a scuola è aumentato quando ho avuto un incontro con un amico che ha studiato a Yeji e trascorreva le vacanze a Sankora, dove abitavo. Anche se nella mia comunità non c’erano scuole, dopo quell’incontro ho iniziato a convincere mia nonna ad iscrivermi in una scuola in un villaggio vicino. Tuttavia, ci è voluto circa un anno prima che decidesse di mandarmi dai miei genitori che non sono mai venuti a trovarmi negli anni in cui sono rimasta con la nonna. Il giorno in cui sono arrivata in quella che dovrei chiamare casa mia, i miei genitori non mi hanno nemmeno accolta. Mi hanno detto che l’accordo che avevano con la nonna era che io l’aiutassi mentre lei si prendeva cura dei miei bisogni di base ed educativi. Dopo aver sprecato un altro anno con i miei genitori, sono stato dalla mia prozia a Mafi Atitekpo. La vita era ancora più difficile che a Sankora. Ero felice di andare a scuola, ma non avevamo soldi, e c’erano diversi giorni in cui non c’era da mangiare. La fame ha reso l’apprendimento una lotta per me. Avevo sempre problemi di stomaco. Un medico mi ha detto che i dolori allo stomaco erano il risultato di una continua privazione di cibo.”
Rebecca mostrò un atteggiamento di indifferenza e distacco nei primi giorni al Centro. Ma a poco a poco il sollievo e la speranza ebbero la meglio.
“Nel primo periodo ho avuto occasionalmente dolori allo stomaco, ma a qualche settimana dall’arrivo sono cessati. Ho finalmente trovato amore e protezione, quelle cure che avevo tanto desiderato, e sono felicissima. Lo staff del Centro mi guida e provvede ai miei bisogni base, cosa che i miei genitori biologici non mi avevano mai garantito. Il mio messaggio a tutti i genitori è che ogni bambino ha diritti che devono essere rispettati. Dovrebbero essere responsabili nel prendersi cura dei propri figli. Spero che si continui a sensibilizzare la comunità sulla schiavitù infantile e si continuino a salvare altri bambini che sono ancora in schiavitù. Tutti insieme possiamo diventare ambasciatori della promozione dei diritti dei bambini in Ghana e assicurare la riduzione del traffico e della schiavitù minorile in futuro.
Il mio sogno è diventare stilista di moda.”