Ernestina Macuxi e Hosana Purubora sono due donne del Consiglio Indigenista Missionario del Brasile presenti alla conferenza stampa che annuncia il prossimo Concerto di Natale nell’Aula Paolo VI in Vaticano . Stanno partecipando al Sinodo straordinario Panamazzonico in corso queste settimane. Hanno acconciature dei capelli e volti dipinti come da tradizione. Portano la loro testimonianza.
Giampietro Pettenon e José María del Corral rappresentano rispettivamente Missioni Don Bosco e Scholas Occurrentes, gli enti destinatari della raccolta fondi associata alla manifestazione canora, che sarà trasmessa da Canale 5, il 24 e il 25 dicembre.
Le signore Macuxi e Purubora lanciano un appello all’Europa, considerata da loro interlocutrice dell’azione di difesa dell’Amazzonia mentre il resto del sud America già sa o dovrebbe sapere del pericolo che sta correndo il “polmone” del mondo: ossigeno dalla foresta e riserva del 20% di acqua dolce in tutto il pianeta compromessi forse in modo irreversibile dall’erosione umana fatta di occupazione abusive, incendi colposi, uso di fertilizzanti chimici, culture estensive.
La decisione di papa Francesco di convocare questo Sinodo suona ancora più importante e desiderabile ascoltando le parole di queste due rappresentanti delle 150 popolazioni indie sopravvissute all’invasione bianca dell’Età Moderna. Il nodo intorno al quale costruiscono il loro appello è la salvaguardia della Madre Terra “che ci dà la vita e la possibilità di vivere”, e che chiede di prenderci cura di essa a nostra volta.
A dare forza a questo richiamo il presidente della Congregazione per l’Educazione Cattolica, monsignor Angelo Vincenzo Zani, che presiede la conferenza stampa. “Questo Sinodo è figlio dell’enciclica ‘Laudato sì’ (a cinque anni dalla sua pubblicazione; n.d.r.) e ne indica il contenuto reale e la forza di mobilitazione delle coscienze” afferma. Si aggiunge il riferimento alla ‘Populorum Progressio’ di oltre 50 anni fa, traccia ancora attuale dell’azione della Chiesa sul piano umanitario. “Pensiero, trascendenza e fraternità: sono i tre connotati dell’enciclica di Paolo VI” ricorda mons. Zani, “necessari per affrontare correttamente e in maniera risolutiva i problemi della tutela dei diritti umani e della difesa dell’habitat.”
L’importanza strategica della formazione scolastica
Quella che occorre anzitutto è la consapevolezza diffusa dei problemi, affinché ognuno sia partecipe del processo in atto. Per questo l’educazione scolastica è ciò che costituisce la spinta propulsiva per contrastare l’abuso della Terra, l’offesa delle minoranze, la marginalizzazione crescente dei poveri. Mentre i vescovi affrontano le questioni sul piano pastorale, con scelte che possono cambiare il corso culturale della gente che vive in Amazzonia, gli interventi di organismi di promozione umana che emanano dalla stessa Chiesa possono svolgere un compito importante di supplenza e di sviluppo.
Succede con Scholas Occurrentes, che cerca di cambiare i paradigmi della formazione quando sembra che questa non abbia altro interesse che di elargire titoli coerenti con un sistema scolastico escludente. “Non possiamo accettare che i giovani si trovino messi all’angolo per la fatica a stare al passo, ma dobbiamo costruire con loro dei percorsi di crescita e di inclusione”.
Succede con Missioni Don Bosco, che garantisce la presenza di adulti responsabili dell’educazione integrale delle persone anche in territori geografici e sociali trascurati o del tutto abbandonati. Come succede proprio in Amazzonia, dove 250 salesiani con 50 opere in 6 Stati si occupano di comunità a rischio di riduzione e di estinzione, di ragazze di ragazzi privi di vere famiglie.
Antica e nuova missione in Amazzonia
“Dei 150 popoli nativi esistenti ne incontriamo 60. La nostra attenzione è quella di preservare le culture, in particolare la lingua”. Pettenon cita il caso di un missionario, presente da oltre sessant’anni in Amazzonia, il quale descrive gli inizi della sua azione come caratterizzati da “pala e taccuino”: la pala per lavorare la terra con gli Indio, il taccuino per prendere nota giorno per giorno delle parole che usano e delle quali non esiste trascrizione scritta. “Sono i miei confratelli” sottolinea il presidente di Missioni Don Bosco, “a insegnare la lingua tradizionale, a scrivere la loro lingua, in modo da cristallizzarla e non lasciarla andare perduta”. Uno dei progetti che Missioni Don Bosco sostiene convintamente in quelle terre è proprio quello di provvedere alla stampa e alla ristampa dei libri in lingue locali che quel salesiano, don Bartalomeo Giaccaria, oggi ultraottantenne, cura con vera adesione al cuore indio.
L’esperienza e la riflessione dettano un’agenda precisa per i Figli di Don Bosco che vivono in questo contesto: “Noi proponiamo contemporaneamente di conoscere portoghese o spagnolo, a seconda del Paese di cui fanno parte i territori, perché se gli Indios vogliono confrontarsi con la realtà più ampia devono conoscere altre lingue”. Dal nostro punto di vista vediamo il fascino di vivere in mezzo alla natura, ma quando questo significa trovarsi senza energia elettrica e senza vie di comunicazione – con tutto ciò che questo comporta – non si può non esigere un intervento deciso di inclusione. “L’ospedale più vicino a Iauarete (la località dove si colloca il progetto che Missioni Don Bosco propone con il Concerto di Natale) si trova a 10 ore di barca quando c’è la piena del fiume; anche 16 nella stagione asciutta, quando affiorano le secche, i tronchi sbarrano la via e le rapide sono più strette e pericolose” racconta il presidente Pettenon che lì è andato a inizio di quest’anno e ha incontrato don Roberto Cappelletti. “A quel punto vedi che la poesia finisce e incominciano i problemi, perché quando si ha necessità di assistenza sanitaria di un certo rilievo, o quando constati che i maestri fuggono dalle scuole pubbliche perché sottoposti a condizioni disagiate, ti ritrovi isolato con tutta la tua comunità. Se sei giovane non hai altro desiderio che di andartene”.
Ancora una volta la richiesta di aiuto per intervenire in queste situazioni mediante i missionari è una scommessa duplice: economica, per sollecitare la solidarietà e poter fornire mezzi a chi si preoccupa di far crescere le comunità più marginali; culturale, per commisurare il nostro benessere con la precarietà di chi abita una terra benevola e violentata.