A novembre in guerra si è perso mio fratello

A novembre in guerra si è perso mio fratello. Egli era di stanza a Bakhmut, dunque c’è una buona probabilità che sia morto. Ma fіno a ora non sono riusciti a trovare il suo corpo perché quel territorio è occupato”. Questo è il dramma di Ludmila in Ucraina.

Vassilij, un giovane chiamato come i suoi coetanei a combattere conto l’invasore russo, forse non farà ritorno, neppure con il suo corpo ormai senza vita. È tra le vittime del pesante attacco alla cittadina di Artemivs’k (Bakhmut) tuttora in corso mentre scriviamo. Potrebbe essere disperso in un bosco di betulle, potrebbe essere stato interrato per non essere più rintracciato se è finito in mani nemiche… La tragedia ucraina è fatta di migliaia di storie come questa. Non sempre le cronache delle battaglie e i dispacci dei governi però ne danno conto. Eppure è questo il lascito più doloroso per la gente vittima di questa invasione: i sopravvissuti sono dilaniati nel cuore, nella imprevedibilità di ogni giornata, nei vari effetti collaterali che si verificano nei loro corpi, nel loro ambiente, nelle loro relazioni.

Ludmila è una delle anime che vagano in questo inferno alla ricerca di un senso per sopravvivere, di una notizia che procuri speranza, di una protezione che sia efficace e duratura. Ha deciso di camminare verso est per trovare lei quella traccia che i commilitoni, le squadre mediche, le autorità civili non sono riuscite a individuare. In vista di Natale, libera dalla scuola, ha affrontato questo pellegrinaggio straziante e disperato. Ha incontrato padre Maksim Ryabucka, missionario salesiano, diventato un mese fa ausiliario dell’Esarcato di Donetsk, capoluogo della regione di Bakhmut, e avviato a lasciare Kijv per raggiungere la nuova sede oltre la linea del fronte. Da pastore che va alla ricerca delle sue pecore, questo giovane vescovo ha organizzato un ritiro per il Natale rivolto principalmente ai giovani dei paesi ormai di confine e per questo difficilmente collegati con il resto dello Stato. Tiene incontri e momenti di oratorio, invita alla preghiera e garantisce la celebrazione liturgica per attestare la vicinanza del buon Dio.

Padre Max, così si fa chiamare dai suoi ragazzi, deve essere riuscito a trovare le parole giuste se Ludmila è riuscita a dargli conto di un’esperienza di rigenerazione profonda: “Lei ha detto che quando la persona vive di tristezza e di nostalgia non riesce a vivere nella realtà della sua vita”, gli ha scritto. “Questa grande tristezza mi abbatteva a tal punto che ho smesso di pregare… e qui, in un momento, ho capito che se vivo solo del passato allora rimango chiusa alla vita del qui ed ora, sono chiusa al progetto di Dio che Egli ha per me.  Da quel momento mi è tornata la voglia e l’ispirazione alla preghiera, e ho ripreso a leggere la Parola di Dio”.

La spiritualità e la cura di essa sono merce di scarso interesse durante una guerra, sembra che questa giustifichi ogni accanimento e che non ci sia necessità di salvaguardare la profondità dell’essere. Eppure è prezioso chi non perde di vista questa dimensione degli uomini e delle donne, che della guerra sono vittime. Appunto come semplice Figlio di Don Bosco, don Maksim durante l’estate ha realizzato i campi estivi volanti nelle campagne intorno a Kijv, ritornando quando poteva nella sua casa per riprendere forza in vista della giornata successiva. Se le case crollano, se le strade sono impercorribili, se mancano la bandura (liuto) o lo tsinbaly (cembalo) per cantare insieme, l’importante è potersi ritrovare, difendere le risorse umane che si occuperanno della ricostruzione dell’Ucraina distrutta.
Padre Max ha percepito fra i primi le ricadute sui bambini e sui giovani dei droni esplosivi, dei lutti e del terrore. Con due psicologhe ha impostato già la scorsa primavera un servizio di ascolto di scolari che hanno perso le capacità di lettura e di scrittura, precipitati nell’autismo indotto dagli scoppi e dalle urla, dai cambi di tetto o dalle fughe sull’asfalto.

L’esperienza di Ludmila ci mostra una relazione concreta: “Qui Dio di nuovo ha trovato il modo di incoraggiarmi, Dio parlava attraverso di lei.  attraverso le Sue parole”, ha comunicato al giovane vescovo, “lei ha parlato dell’amore: sembrerebbe nulla di straordinario, ma quelle parole mi hanno toccato straordinariamente. Proprio in quel momento ho sperimentato che i miei genitori davvero mi vogliono un mondo di bene, e quel loro amore è sincero”. Dai giovani le ricadute sugli adulti passano attraverso le madri e i padri, e se gli Ucraini mostrano una resistenza impensabile è anche perchè hanno uno spirito costantemente alimentata dalle loro guide religiose: “Dio ha operato, Egli mi ha trasfigurata. Mi ha donato di sentire la vera gioia della nascita del Salvatore”.

Forse occuparci della pace in Ucraina significa anche seminare una speranza fondata: “Tutto questo periodo dal 21 novembre ho vissuto di nostalgia per Vassilij”, conclude Ludmila, “ma mi sono resa conto che Dio è con mio fratello, per Lui non è perso. E allora, se Dio si ricorda di lui e sicuramente ha cura di lui, perché devo rattristarmi?”.

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