In India i casi aumentano rapidamente, le megalopoli di Mumbai, Delhi e Chennai rappresentano i due terzi dei casi indiani anche se il tasso di mortalità in numeri assoluti non è molto alto in proporzione agli abitanti del Paese. Questo dato però è al centro di numerosi dibattiti, molti esperti concordano che il numero dei deceduti è sottostimato e che ogni stato indiano ha una situazione molto diversa.
Alphonse Arulanandam, direttore del Don Bosco Surabi, l’ufficio progetti dell’Ispettoria salesiana di Chennai, capitale dello Stato di Tamil Nadu, ci ha inviato una lettera sulla situazione molto difficile delle ultime due settimane.
Cari amici,
sto scrivendo queste poche righe con sentimenti contrastanti, da una parte con un senso di ottimismo, anche questo passerà, e dall’altro lato, guardando la realtà, con disperazione e ansia.
Durante questa settimana due sacerdoti della comunità provinciale della cittadella, due membri del personale che lavorano nella nostra istituzione e che si occupano delle persone più vulnerabili, quattro anziani e le suore chi si sono prese cura di loro sono risultati positivi al covid-19. Adesso sono in ricoverati in vari ospedali pubblici e privati.
Ora tutto questo è diventato una vera minaccia, molte persone sono senza speranza e sono travolte da uno stato di ansia. Dopo due mesi di blocco, il nostro governo ha introdotto un graduale allentamento delle misure anti contagio per riaprire le attività e aiutare le persone a tornare al loro lavoro. Lo slogan è stato “impariamo a vivere con il Coronavirus”.
Sfortunatamente, entro un mese, siamo tornati al punto di partenza, il lockdown completo è tornato a Chennai e nei distretti vicini.
Nelle ultime due settimane, ogni giorno viene rilevato un numero maggiore rispetto al giorno precedente di casi positivi e sta collassando la nostra infrastruttura medica. Avere giornalmente 3.000 nuovi casi nella sola Chennai mette alla prova la nostra preparazione.
In questa difficile situazione di emergenza umanitaria, stiamo cercando di utilizzare le nostre minime risorse per dare una risposta. Non è più solo dovere del governo identificare e curare le persone infette, ma tutti noi dobbiamo fare la nostra parte, salvare vite con le nostre misure preventive e proattive.
Il nostro principale dovere e la nostra responsabilità è salvare vite umane di chi lavora in prima linea, volontari e personale sanitario che si avventurano per identificare, diagnosticare e indirizzare i pazienti verso il sistema di monitoraggio governativo.
Stiamo fornendole attrezzature mediche essenziali come termometro a infrarossi, pulsossimetro, kit con dispositivi di protezione individuale e disinfettanti per permettere di lavorare in maniera sicura e più confortevole. Inoltre continuiamo ad aiutare le famiglie che lottano per vivere senza un pasto.
Oltre alla distribuzione di materiale per contrastare il contagio, in alcune aree il nostro obiettivo è passato dal soccorso immediato al sostegno a lungo termine, aiutando le comunità ad essere autosufficienti sia nelle aree rurali che urbane supportandole nell’avvio di piccole imprese.
Fornire alimenti di prima necessità come riso, dhal, olio e tè, è stato il nostro focus nella fase iniziale per quelle persone che non avevano mezzi per sfamarsi. Dalla distribuzione di alimenti siamo poi passati a fornire denaro alle persone più povere e vulnerabili che non erano in grado di lavorare e guadagnarsi da vivere. Il sostegno economico è stato dato a coloro che hanno continuato a vivere nelle zone rosse del lockdown e a chi aveva esigenze mediche importanti.
Sappiamo e comprendiamo che la vita non sarà facile per i prossimi mesi, ma crediamo anche fortemente che in futuro dovremo difenderci sempre da questo nemico. Avremo bisogno di un organismo di difesa, quasi come una specie di vigile del fuoco, e solo allora potremo riprendere le attività economiche e sociali nel modo più sicuro possibile.
Grazie per tutto il tuo supporto, ogni donazione e contributo che puoi fare ci aiuta a salvare un’altra persona.
Alphonse Arulanandam, direttore del Don Bosco Surabi.