Incontro con padre Giaccaria

Nei manuali di antropologia è citato come il continuatore dell’opera di padre Antonio Colbacchini, il primo bianco a entrare in contatto con gli indigeni Xavante: padre Bartolomeo Giaccaria dal 1954 è inseparabile dal Mato Grosso – e dalla sua gente – dove continua a svolgere instancabile la sua attività missionaria.  

La sua parrocchia comprende 184 villaggi in 3 diocesi diverse per un totale di 4000 km: grandi spazi, in gran parte disabitati, dove un tempo non esistevano le strade, perché era tutta foresta. Poi sono state costruite le strade principali, ma le difficoltà di spostamento e di gestione in un territorio così vasto sono ancora tante.

La sede della missione è a Nova Xavantina, ma padre Giaccaria ha sperimentato un nuovo metodo, quello della missione itinerante, che ora i vescovi in Brasile vogliono esportare in altre missioni. Non sono più gli Xavante a dover raggiungere le stazioni missionarie in luoghi fissi, ma al contrario è il missionario, con alcuni aiutanti, a spostarsi nelle diverse comunità. “Non è solo fare visita”, precisa, “è dare una presenza efficace ed effettiva nelle comunità, così possono andare avanti e svilupparsi sempre meglio”.

Grazie alla presenza salesiana, nei villaggi si è potuto lavorare molto sulla formazione pastorale, sull’istruzione, sulla salute, sullo sviluppo dell’agricoltura. “Facciamo quello che si può fare”, sottolinea padre Giaccaria. “Il missionario non deve risolvere i problemi degli indigeni, deve aiutarli a risolvere i loro problemi. Non deve fare, deve far fare”.

Per quanto riguarda la coesistenza del cristianesimo con i culti tradizionali, sono stati tradotti i Vangeli e i libri liturgici in lingua xavante, ma padre Giaccaria tiene a ribadire che si dà importanza ai valori più che ai dogmi: “Non importa se non sanno cos’è il Giubileo (noi ci abbiamo messo 1500 anni), è importante che sappiano cos’è la misericordia. Abbiamo insistito su ciò che è loro familiare. Per introdurre il battesimo, ad esempio, abbiamo fatto appello alla loro cerimonia di iniziazione, a canti e danze tradizionali, al ruolo importantissimo dei padrini. Non bisogna bruciare le tappe, né avere fretta. È molto facile coinvolgerli con le cose esteriori, con la forma. Ad esempio nelle processioni vogliono a tutti i costi aiutare a portare qualcosa. Più difficile è passare il contenuto”.

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