Egitto: un compito difficile per i salesiani

Viaggio missionario in Egitto

3° giorno – Il Cairo

Abbiamo fatto visita alla terza opera presente in Egitto, in un quartiere periferico del Cairo, a Zaitun.

I salesiani sono presenti da poco più di trent’anni con un oratorio e un cento giovanile a cui ora si aggiunge anche la parrocchia. Per arrivarci attraversiamo un labirinto di strade piene di buche. Polvere e sabbia ovunque. Gli edifici sono grigi, le strade sono grigie, grigie anche le auto. Il paesaggio è monocolore! Persino le foglie dei pochi alberi striminziti che si trovano ai bordi della strada sono coperte di una patina grigia: chissà se anche questi alberi hanno ancora la forza di assorbire anidride carbonica e rilasciare ossigeno. A guardarli si direbbe che si sono arresi da un bel po’…

Il compito che si sono assunti i salesiani in questo quartiere è delicato e difficile da portare avanti. Hanno orientato il proprio ministero pastorale ai rifugiati sudanesi e ai ragazzi di strada. Sono rimasto colpito quando ho sentito parlare di rifugiati. Ma come è possibile? Non siamo noi italiani quelli che sono “invasi” dai richiedenti asilo che giungono dalle coste del nord Africa? E tra questi non ci sono anche degli egiziani? E allora come è possibile che lo stesso Egitto sia meta di rifugiati. Per di più i sudanesi che chiedono asilo all’Egitto provengono dal Sud Sudan, che è cristiano e vanno a chiedere asilo ad un paese che è a grande maggioranza mussulmano. Certo che le posizioni sono del tutto capovolte da come siamo abituati a vederle noi dalla nostra cara e bella Italia!

Ebbene, ho dovuto constatare che ci sono molti rifugiati sudanesi al Cairo.

I sudanesi sono alti e snelli (snelli anche a causa del fatto che il cibo a disposizione è sempre troppo poco) ed hanno un portamento elegante nel camminare. Nella chiesa parrocchiale, costruita dai francesi nella prima metà del secolo scorso e ora sapientemente restaurata da mani locali che fanno vero servizio di volontariato, i battesimi sono numerosi, la catechesi è seguita da tutti i ragazzi e la S. Messa domenicale dura non meno di due ore, fra canti e danze accompagnate dai tradizionali tamburi.

Ci sono poi i ragazzi di strada. Questi sì che sono egiziani. Per ora in casa salesiana ne sono accolti solo un numero ristretto, anche perché lo spazio è davvero poco, ma quelli che vengono seguiti nel quartiere dalla equipe educativa sono in tutto circa una settantina.

Il cortile dell’Oratorio è piccolo e circondato dai soliti palazzoni grigi. Per questo, i ragazzi in oratorio possono andare a turno. Nel primo pomeriggio, dalle tre alle cinque ci vanno i piccoli fino alla quinta elementare, dalle cinque alle sette quelli delle medie e dalle sette in poi i più grandi. In questo modo non ci sono atti di bullismo verso i più piccoli che possono giocare e divertirsi con i ragazzi della propria età. Ai rifugiati sudanesi il governo egiziano non garantisce praticamente nulla. Chi può si adatta a compiere i lavori più umili, senza alcuna tutela lavorativa, a servizio delle famiglie egiziane o dei commercianti della zona. A causa della estrema povertà in cui versano queste famiglie almeno il primo turno di oratorio, quello dei più piccoli, termina con la preghiera e una merenda per tutti.

Padre Dany, il direttore della casa, ci ha raccontato due fatti che gli sono accaduti e che lo hanno particolarmente toccato, come uomo e come prete salesiano.

Un giorno una bambina poco dopo l’apertura dell’Oratorio si avvicina timidamente a Padre Dany e gli chiede quando ci sarà la preghiera. Il don dell’Oratorio gli risponde che la preghiera è come al solito alle ore 17.00. Dopo un po’ di tempo la bambina torna dal padre e gli chiede quanto manchi alla preghiera in chiesa. Il don replica che la preghiera sarà alle 17.00 ma invita la bambina ad andare in chiesa anche prima, se desidera rivolgere una sua preghiera personale a Gesù. La bambina allora, abbassando gli occhi, gli rivela il motivo della sua insistenza: ” Padre, ho fame. Ho tanta fame e voi dopo la preghiera in chiesa ci date da mangiare. Quanto manca?“.

Il secondo episodio che padre Dany ci ha raccontato è accaduto la vigilia dello scorso Natale. Un uomo, un padre di DSCF3174.jpgfamiglia con tre figli piccoli, va a confessarsi dal prete dell’Oratorio. Padre Dany, conoscendo la profonda miseria in cui vive quella famiglia, al termina della confessione invita l’uomo a seguirlo. Vanno nella cucina dei salesiani. Il don apre il congelatore, prende un pezzo di carne rossa congelata e gliela dona all’uomo, augurandogli di passare così un buon Natale con la sua famiglia. L’uomo non crede ai propri occhi. Prende con timore il pezzo di carne congelata, ma sembra che fra le mani quel cibo scotti come un lingotto d’oro appena fuso. Guarda il prete e gli chiede se davvero può portarsi a casa quel ben di Dio, se non sia uno scherzo. Padre Dany gli conferma il dono e l’augurio a trascorrere serenamente il Natale. Il padre cade in ginocchio ai piedi del don e comincia a baciargli le mani come segno di ringraziamento.

Avevo fame e mi avete dato da mangiare… ogni volta che avrete fatto questo ad uno di questi fratelli più piccoli l’avete fatto a Me“.

Ogni altro commento è davvero superfluo.

Al termine del racconto di questi due fatti padre Dany era visibilmente commosso, e lo era anche chi lo stava ad ascoltare.


2° giorno – Il Cairo

Ci siamo spostati da Alessandria al Cairo, la capitale dell’Egitto. Una megalopoli il cui numero di abitanti cresce in continuazione. Sono ora stimati più di venti milioni di persone che vivono nell’area urbana irrigata dal Nilo, fonte di vita per tutti, uomini e animali. I palazzi delle zone popolari si susseguono senza soluzione di continuità, stretti uno all’altro, lasciando una sola fessura di luce e di aria fra uno e l’altro. Abbiamo visto un intero quartiere popolato da cristiani che è sorto dentro una discarica. Questa povera gente ha fatto della propria miseria la fonte di sostentamento. Girano la città raccogliendo rifiuti che portano a casa e poi, sul tetto di casa o sul terrazzo dell’appartamento, separano i vari rifiuti per poter rivendere i materiali riciclabili. L’arte di arrangiarsi è propria del popolo egiziano.

DSCF2816.jpgAl Cairo i salesiani hanno una grande scuola tecnica frequentata da quasi ottocento allievi che vengono da tutto il Paese. Un buon numero di questi viene dall’alto Egitto, cioè da centinaia di chilometri di distanza e trovano un alloggio presso parenti e organizzazioni di accoglienza, pur di poter frequentare il Don Bosco che sorge nel quartiere di Shubra, sulle rive del Nilo. La particolarità della scuola tecnica è che anch’essa, come la scuola salesiana di Alessandria, è riconosciuta dallo Stato Italiano. Alla fine del percorso tecnico e professionale tutto svolto in lingua italiana, gli studenti conseguono una qualifica o un diploma di valore leale sia in Egitto, sia in Italia. Il sogno di molti di questi, soprattutto dell’istituto tecnico industriale meccanico ed elettrico, è di frequentare l’università di ingegneria in Italia, al Politecnico di Torino, come alla Statale di Milano.

Il valore e la preparazione professionale di questa scuola sono riconosciuti non solo dalle famiglie che ci tengono molto ad iscrivere i figli al Don Bosco, ma dallo stesso governo egiziano che, su specifica richiesta del primo ministro del governo in carica, ha chiesto ai salesiani di coordinare e socializzare il proprio modello formativo a tutte le scuole tecniche del paese.

Quando al pomeriggio termina la scuola, e nei giorni di venerdì e domenica in cui non ci sono lezioni, gli stessi ambienti sono usati dai ragazzi del quartiere che frequentano l’oratorio. L’oratorio pomeridiano è aperto ai soli ragazzi e giovani cristiani. Uno spazio solo per loro, in cui poter crescere insieme non solo nella vita sociale ma anche nella fede cristiana, in un paese nel quale sono minoranza, spesso emarginata dai musulmani.


1° giorno – Alessandria d’Egitto

Siamo arrivati in Egitto, ad Alessandria.

La città si trova nel basso Egitto, proprio all’estremità’ occidentale della vasta area del delta nel Nilo, affacciata sul Mar Mediterraneo.

I salesiani vantano una presenza più che centenaria. L’opera è stata fondata da don Rua, primo successore di Don Bosco, nel 1896. Ben 121 anni fa! A quel tempo la presenza di coloni italiani era molto numerosa, fino a raggiungere le oltre venticinquemila presenze nel periodo fra le due grandi guerre. Da subito i salesiani hanno aperto un grande collegio in cui si faceva scuola in italiano. Nei registri della scuola troviamo anche il nome di Giuseppe Ungaretti, poeta e scrittore che tutti abbiamo studiato nella letteratura del Novecento, che qui conseguì la Licenza Elementare nell’anno scolastico 1900/1901.

Nel tempo e nelle diverse vicissitudini storiche, sociali e politiche che ha attraversato l’Egitto in questi cento e vent’anni, i salesiani non hanno mai smesso di fare scuola, prima agli italiani e poi ai giovani egiziani. Oggi la Scuola Don Bosco di Alessandria d’Egitto è quotidianamente frequentata da circa 900 allievi ed allieve che vanno dalla scuola dell’infanzia all’istituto professionale che rilascia qualifiche triennali nei settori meccanico ed elettrico.

Elemento peculiare di questa opera è quello di essere frequentata quasi esclusivamente da giovani musulmani (i cristiani iscritti sono circa 25 in tutto) i quali riconoscono, assieme ai loro genitori, che Don Bosco ed il suo sistema educativo sono un grande dono anche per loro.

Inoltre vi è la particolarità della scuola superiore professionale che viene svolta in lingua italiana, perché si tratta di una scuola italiana all’estero riconosciuta, e parzialmente anche finanziata, dal nostro Ministero degli Affari Esteri. I ragazzi che desiderano frequentarla sono ben di più dei posti disponibili, ed ogni anno, dopo l’iscrizione,e viene svolto durante il periodo delle vacanze scolastiche estive un intensivo corso di italiano che risulta essere un buon sistema di “selezione naturale”… Un certo numero di questi si scoraggia davanti allo scoglio della lingua e ripiega sulla scelta di una normale scuola superiore egiziana. I diplomati sono circa ottanta ogni anno e tutti trovano lavoro, soprattutto dopo la leva militare che è obbligatoria per tutti in questo paese, per l’elevata qualità formativa appresa negli anni di studio. Non pochi lasciano il settore professionale meccanico o elettrico perché trovano occupazione nel turismo, data la competenza approfondita nella lingua italiana, visto che l’Egitto continua ad essere una meta turistica ancora molto forte per gli italiani.

I cortili della casa salesiana, quando nel pomeriggio sono lasciati liberi dagli studenti, non restano silenziosi e vuoti perché a portare vita e sana allegria sono i ragazzi dell’Oratorio quotidiano che si trovano insieme per la classica partita a pallone. Il calcio è lo sport sovrano in questo paese e un bel cortile ampio e aperto a tutti è il luogo ideale per i ragazzi di città che sono costretti a vivere in appartamenti piccoli e assolati. Interessante è il  gruppo degli animatori, tutti musulmani… tra di loro qualcuno ha pure manifestato il desiderio di farsi salesiano! Ma presupposto per essere salesiani è almeno quello di essere cristiani. Tutti si sentono di casa al Don Bosco di Alessandria e vivono gli insegnamenti di Don Bosco in armonia e rispetto reciproco.

Il direttore della casa ci ha confidato che un giovane musulmano particolarmente bravo e sensibile un giorno in cui discutevano di fede e di vita concreta secondo gli insegnamenti della propria religione, gli ha detto: “Padre io confido che almeno in Paradiso potremo stare insieme senza diversità”.

Arrivederci allora tutti insieme in Paradiso, quando sarà la nostra ora.

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