Non si può confrontare con i “record” dei salesiani in altri continenti e in altri Paesi. Ma i 44 anni di presenza dei figli di Don Bosco in Etiopia danno la misura di un impegno qualificante per la diffusione della prassi educativa del loro fondatore.
L’Etiopia si trova nel cosiddetto “Corno d’Africa”, e il suo territorio di 1.100.000 chilometri quadrati ne è la parte maggiore. Anche dal punto di vista della popolazione dà la maggiore consistenza all’insieme nel quale si annoverano anche Eritrea, Somalia e Gibuti: oltre 100 milioni di abitanti a fronte dei 33 circa che si sommano negli altri tre Paesi.
Un gigante che vive sull’altipiano a ridosso delle coste di Mar Rosso, Golfo di Aden e Oceano Indiano: condizione che ha permesso di caratterizzare meglio la sua identità ma che l’ha privato di quello “sbocco al mare” che è stato causa di tensioni e perfino di guerre con i vicini.
I salesiani hanno trovato qui terreno favorevole alla realizzazione dei loro progetti per le nuove generazioni, soprattutto sul piano della formazione professionale. Ma le vicende che hanno colpito gli Etiopici nei decenni passati li hanno visti attivi anche sulle emergenze, quella alimentare su tutte.
È che non era scontato il “gradimento” dei salesiani in questo Paese africano: nel 1975 quando approdarono ad Addis Abeba non era certamente spento il ricordo dell’occupazione dell’Abissinia, come veniva chiamato il Paese da quel Regno d’Italia che voleva diventare Impero combattendo contro le truppe di Hailé Selassié. Non ci fu solamente l’effetto di introdurre agricoltura moderna e produzioni industriali in quello che era un Impero piuttosto molto più risalente di quello di Roma, ma fu sperimenta lì la violenza delle nuove armi, fomentata la lotta fra etnie diverse, osservato l’effetto dei bombardamenti chimici, applicata la strategia di far terra bruciata delle tradizioni secolari di cultura e religione.
Il primo gruppo di salesiani giunti ufficialmente fu composto così da un Italiano, da un Irlandese e da un Americano: il “peso” della storia si sarebbe così diluito almeno un poco. Ma fu soprattutto poi l’amore per la gente e per la terra di questa parte d’Africa a vincere la diffidenza e a consentire di sviluppare la presenza salesiana ai maggiori livelli fino a poter definire una specifica “visitatoria” che riguarda insieme Etiopia ed Eritrea. Tutta fa pensare che potrà maturare la condizione di una autonomia piena fondata sulla capacità di alimentare da sé le opere e la congregazione fino a diventare una “ispettoria”. Le 15 “case” diffuse sul territorio etiopico, la crescita di vocazioni “locali” (al punto da essere ormai un “residuo”, dal punto di vista statistico non della qualità, le presenze di sacerdoti e di coadiutori stranieri) sono elementi che si possono considerare ormai consolidati, per quanto lo possano essere le cose di natura spirituale. Anzi, i salesiani in Etiopia si stanno rivelando costruttori di un modello di servizio ai giovani ai più alti livelli e un punto di ancoraggio per la missione in altri Paesi del continente.
Ad attestare questa condizione è la stima che il Governo etiopico non cessa di manifestare verso i salesiani, soprattutto quelli “di lunga esperienza”; le autorità italiane sanno di poter contare su “Don Bosco” per tenere vivo un legame con la gente e non solo con le istituzioni locali.
La posizione favorevole in cui si trova la visitatoria può essere ben utilizzata verso i Paesi già citati del restante Corno d’Africa, ma anche negli altri confinanti e che ad uno ad uno presentano situazioni di debolezza specifica: il Sudan (fanatismo religioso), il Sud Sudan (lotte tribali), il Kenya (riflusso economico). L’Etiopia, per storia, per stabilità, per cultura può fare da ponte per introdurre nella cultura e nella società di questi Paesi dei fattori di sviluppo che partono dall’educazione dei giovani. Non a caso, i salesiani etiopici sono fra gli attori più efficaci della campagna “Stop Tratta” con l’obiettivo di costruire un futuro per loro in alternativa alla migrazione illegale, di intercettare le correnti dell’ingaggio e del traffico di minori.
In passato l’Etiopia fu colpita da grave siccità e da conseguenti spostamenti di popolazione affamata. I salesiani si prodigarono per dare ospitalità e assistenza a quelle persone. Oggi quel tempo è un ricordo – mai da guardare come un pericolo scampato per sempre – che oggi dà un motivo in più per guardarsi intorno e agire con generosità.