Il bairro (quartiere) Lixeira prende il suo nome dalla vecchia discarica che una volta si trovava tra queste baracche. Oggi restano l’immondizia per le strade, lo sguardo che spazia sull’oceano e la sottile penisola che qui chiamano “Ilha”, una lingua di sabbia e costruzioni che separa il porto di Luanda dal mare aperto.
Anche chi possiede poco sente il bisogno di difendersi e le case, per quanto povere siano, hanno le inferriate alle finestre e il filo spinato che corre sui profili dei muri di cinta.
Spostandosi in un altro quartiere si percepisce un comune filo conduttore , ma allo stesso tempo si intuisce che la vita delle persone è scandita in modo diverso. Nel bairro Mota le soglie delle casette, che siano in muratura o costruite con materiali di fortuna, sono protette da muretti di cemento alti 40-50 centimetri: servono per impedire che l’acqua entri nelle abitazioni, perché quando piove il quartiere si trasforma in un mare di fango. Gli abitanti ti dicono “Se piove non venire o ti ritrovi con la melma alla cintura”, parole scherzose che spiegano bene come la gente qui davvero conviva con una situazione di disagio ogni volta che passa una perturbazione.
Quello che non cambia, in qualsiasi quartiere povero di Luanda, è la vita in strada, le piccole attività che danno da vivere alle famiglie, quel poco che serve per andare avanti e mettere un piatto di cibo in tavola. Non esistono marciapiedi, le vie sono fatte di terra e sabbia, le buche sono spesso piccoli crateri tra cui destreggiarsi e i bambini giocano in mezzo alla strada, improvvisando pazientemente i loro giochi nell’intervallo tra il passaggio di un auto e quello di una moto.
I bambini. Sono tantissimi, sono bellissimi. Una piccola umanità fatta di sorrisi, curiosità, volti che vincono la timidezza per vederti da vicino, mani che stringono la tua, sguardi che chiedono “chi sei, che ci fai qui”.
Questi bambini ricordano il volo degli uccelli, quel capolavoro che la natura crea quando uno stormo disegna nell’aria quelle figure armoniose che si muovono come un’onda, con un sincronismo perfetto. I bambini fanno le stesso, ti corrono incontro, sciamano in ogni direzione ma sempre insieme, te li ritrovi di nuovo vicino, urlano e ridono e cantano come una piccola orchestra che suona con un suo ritmo, gli strumenti accordati all’unisono.
E in mezzo a loro una bambina. Oggi il cielo è grigio e i suoi occhi sono celeste chiaro, se fosse stata una giornata soleggiata le sue iridi avrebbero la tonalità turchese di un cielo più vivido. Ma sono comunque occhi blu, una piccola eccezione tra bambini che come lei hanno la pelle scura. Quegli occhi ti dicono che non contano il luogo in cui sei nato, le opportunità che non ti hanno dato, i torti con cui cercano di piegarti. Perché la bellezza se ne frega dei pregiudizi e tira dritto per la sua strada, anche se è fatta di fango, di buche e non ha i marciapiedi.
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