18 settembre 2019 – Seconda tappa
Il nostro viaggio in Perù continua con la visita alle comunità salesiane che sono nella sierra, cioè nella zona andina, e poi nella selva della conca amazzonica.
Lasciano Lima per dirigerci a Cuzco, l’antica capitale imperiale degli Inca a 3.300 metri di altitudine. L’aria è rarefatta ed ogni movimento fa venire il fiatone.
L’eredità culturale Inca e l’attuale povertà
La città ha un centro storico coloniale stupendo e i siti archeologici degli Inca, pur ridotti a pochi resti dai coloni spagnoli che volevano cancellare l’antica cultura pagana, raccontano di un passato glorioso di una società ben organizzata.
Nella città di Cuzco i salesiani gestiscono una scuola con un migliaio di allevi molto apprezzata dalla gente del luogo, tanto che per ogni posto disponibile nelle classi del primo anno ci sono una cinquantina di richieste di iscrizione. La gran fatica non è quella di trovare gli allievi, ma di fare una selezione per vedere quali poter accogliere! C’è poi l’oratorio festivo e la “Casa Don Bosco”, cioè il collegio che accoglie una cinquantina di ragazzi poveri ed abbandonati che hanno problemi familiari oppure vengono dalle valli andine più disperse. Come ci avevano spiegato i confratelli di Lima, anche qui tutti trovano alla “Casa Don Bosco” una nuova famiglia che li accoglie e li accompagna nel cammino formativo fino a trovarsi un lavoro.
La scuola agricola a Monte Salvado
Da Cuzco procediamo in discesa verso l’interno del Perù e la zona della selva, in auto, per strade sempre più strette, piene di curve, su pendii con dirupi scoscesi che fanno venire i brividi quando si guarda in basso il torrente che scorre a volte anche cinquecento metri più in basso, ovviamente senza guardrail, in cui l’asfalto e le buche si contendono lo spazio della carreggiata in egual misura.
Dopo un intero giorno trascorso in macchina, facendo tappa in altre due piccole opere salesiane che gestiscono le “Casa Don Bosco”, a sera inoltrata arriviamo alla metà del nostro viaggio: l’opera salesiana di Monte Salvado.
Siamo nella zona in cui la sierra cede il passo alla selva. Sempre in montagna, ma a soli 1.100 di altitudine, vicino al torrente, in una grande scuola agricola che si trova al centro di una proprietà di circa 80 ettari di terra, non tutti coltivati perché alcune aree sono in pendii troppo ripidi. La temperatura è tropicale, ci sono insetti che pungono, ma la frutta qui è buonissima!
I duecento ragazzi e ragazze che frequentano la scuola sono campesinos, cioè figli di agricoltori che vivono coltivando la terra. Povera gente che vive isolata spesso nelle zone alte delle montagne. Portano i figli a frequentare l’unica scuola superiore presente in queste zone isolate, e pertanto la metà degli allievi vive nei due collegi annessi alla scuola. Quello maschile è proprio vicino alle aule scolastiche, quello delle ragazze invece è nel vicino paese di Quabrada Honda.
Stare con questi ragazzi è una bella esperienza perché sono semplici e diretti, un po’ timidi e chiusi, come tutti i montanari. Si respira un vero clima di famiglia. Stare a contatto con la natura e con gli animali, imparare a trasformare i prodotti della terra (producono ottime marmellate e gustosi secchi di frutta) educa i giovani alla pazienza e alla dedizione con cure continue per vedere i risultati del proprio lavoro. Gli aranceti, le coltivazioni di caffè e cacao, gli ortaggi, insieme con galline, conigli, bovini e maiali sono l’habitat nel quale studiano. Questi figli dei campesinos della valle si diplomano al termine dei cinque anni di corso.
Non mancano le sfide per i salesiani che devono gestire una simile opera. La prima è quella educativa, perché non è facile trovare docenti che accettino di vivere in questo luogo sperduto per essere insegnanti della scuola agricola… molto più gradevole una cattedra in città dove tutti i confort sono a portata di mano.
La seconda sfida da affrontare è quella economica, perché le famiglie di questi allievi sono poverissime. Vivono di una agricoltura di sussistenza che non permette loro di pagare la retta per la frequenza e ancor meno quella per metter in convitto i figli. Per questo la scuola agricola ha anche una sezione produttiva con la vendita di animali e prodotti della terra. Ma non è facile vendere, le distanze dai centri abitati sono enormi!
La terza sfida è quella tecnologica. La scuola è così isolata che non arriva l’energia elettrica. I salesiani hanno costruito una piccola centrale idroelettrica che, sfruttando l’acqua del torrente vicino, produce l’energia elettrica. Quando nella stagione secca e l’acqua scarseggia il problema energetico diventa serio.
Il futuro di questa scuola è duro da affrontare, ma certamente non possiamo abbandonare questa presenza così “salesianamente” significativa. È proprio per questi ragazzi poveri ed abbandonati che Don Bosco ha speso tutta la vita, fino all’ultimo respiro. Non ci resta che confidare nella Provvidenza per andare avanti!
Leggi la prima parte del viaggio – Il Perù, un paese suddiviso in tre aree: una sfida anch per i salesiani