Arrivando in Sud Sudan durante la stagione delle piogge, che sono torrenziali ma di breve durata e che danno anche meravigliosi cieli tersi, il colpo d’occhio che si ha dal finestrino dell’aereo regala un’enorme tavolozza di colori che spazia dal rosso dei campi alle infinite sfumature di verde dell’erba. La terra di questo paese è fertilissima e il giorno in cui si riuscirà a coltivarla le carestie che periodicamente flagellano questo paese ridurranno notevolmente il loro impatto sul tasso di mortalità tra la popolazione, uno degli indici di sviluppo umano che purtroppo vede il Sud Sudan tra i tristi protagonisti.
Nisithu è un piccolo villaggio del Sud Sudan che ha vissuto sulla propria pelle la stessa travagliata storia dell’intero paese. Diventato indipendente nel luglio del 2011, il Sud Sudan è stato poco dopo attraversato da una guerra fratricida di origine etnica, che ha visto i fedelissimi del Presidente (etnia Dinka) contrapposti a quelli del vice-Presidente (etnia Nuer). Come la storia ci ha purtroppo insegnato questo paese ha subito gli stessi orrori che avvengono ad ogni latitudine dove ci sia un conflitto. Ed è stata la popolazione civile, in particolare donne e bambini, a pagare il prezzo più alto.
La mancanza di scuole di ogni ordine e grado rappresentava uno dei flagelli più gravi per questa nazione e occorreranno anni perché si possa ristabilire una sorta di normalità.
Per questo motivo uno degli impegni prioritari per i missionari salesiani è sempre stato quello di garantire l’istruzione primaria, costruendo più di 100 scuoline elementari sparse su tutto il territorio, che non ha grossi agglomerati urbani ed è di natura prevalentemente rurale.
Il villaggio di Nisithu non fa eccezione ed è stato uno dei beneficiari di questo bellissimo progetto. Oltre alla costruzione delle aule la scuola è stata dotata di banchi e sedie, di fattura semplice ma utile a garantire il diritto allo studio di questi piccoli.
Il valore di quanto è stato fatto va al di là del mero risultato scolastico: la scuola è stata accolta dai genitori dei bambini come un dono prezioso. Perché andare a scuola significa non soltanto imparare a leggere e scrivere, ma anche poter bere acqua potabile, avere a disposizione dei servizi igienici, essere seguiti da un punto di vista sanitario. Soprattutto significa avere un pasto garantito tutti i giorni e creare posti di lavoro per gli insegnanti, dando dignità a chi vuole mantenersi con le proprie forze e non vivere di assistenzialismo.
In un paese in cui solo il 16% delle donne ha ricevuto un minimo di alfabetizzazione è straordinario che questi genitori siano riusciti a cogliere l’importanza di dare un’istruzione ai propri figli.
Gli eventi bellici che hanno segnato la storia del Sud Sudan hanno lasciato profonde ferite che sarà difficile rimarginare in tempi brevi, ma non hanno soffocato la speranza e il desiderio di dare una prospettiva di crescita ai bambini, perché saranno loro, se verrano dotati degli strumenti culturali necessari, a costruire a loro volta un futuro per il loro paese.