Il primo Natale missionario di don Felice Molino

Il Vangelo della vita, in Kenya

Siamo nel lontano 1988, la vigilia di Natale, ed io mi trovavo nella missione di Makuyu, da poco fondata, a 70 km a nord di Nairobi.

Avevano già finito anche il tetto della nuova chiesa, ma dentro tutto era disadorno. Il pavimento ancora da finire ed un altare provvisorio.

Con il trattore era andato a caricare le povere panche della vecchia chiesa e le avevo portate nella nuova, ancora tanto povera.

Io ancora vivevo in baracca e la sera si era fatto buio. Tanto buio. Nessuna luminaria, perché non avevamo la luce elettrica; nessun particolare segno, perché tutto era occupato dal cantiere.

Il guardiano aveva acceso un bel fuoco accanto alla chiesa. Io ero andato a riposare un po’, pianificando di svegliarmi verso le 11, per essere poi pronto per la Messa di mezzanotte. Con chi, non sapevo.

Non erano ancora le 10,30 quando iniziai a sentire tante, tantissime risate di bambini. Erano corsi alla chiesa prima dei genitori e facevano cerchio attorno a quel fuoco insieme con il guardiano. Mi alzai in fretta e corsi in mezzo a loro. Cominciarono a cantare i loro canti natalizi in kikuyu. Le parole erano diverse, ma le melodie erano sempre uguali. Alla nostalgia dei Natali trascorsi in Italia con tante luci e spesso anche tanto sfarzo, subentrò subito la gioia di quel fuoco: era Gesù che ci accoglieva e ci radunava attorno a sé. Le prime mamme ed i primi papà che raggiunsero i figli erano diventati per me la Madonna e San Giuseppe e quei bambini erano tutti Gesù, davvero poveri Gesù, spesso scalzi, che già da quella notte e poi ancora sempre mi avrebbero insegnato il Vangelo, non quello sui libri, ma quello della vita.

I Natali trascorsi in povertà e gioia grande sono stati tanti e mi sono tutti impressi nella mente e nel cuore. Ho sempre avuto la convinzione ed anche la percezione che Gesù a Natale, e non solo, si trova proprio tanto bene con i poveri.

Ma poi le cose “migliorarono” e fummo in grado di organizzare Natali un poco più folcloristici (non so se anche più spirituali): gli addobbi della Chiesa realizzati con cura dalle nostre suore che nel frattempo erano arrivate in missione e poi canti, tanti canti. La gente arrivava in chiesa alle nove di sera e si cantava, si cantava sempre fino alla mezzanotte. I giovani si alternavano nel presentare le scene di gioia della nascita di Gesù ed i bambini, sotto la guida dei giovani più grandi, si esibivano in numerose scenette. Il tutto con grande impegno ed in religiosa gioia.

E poi danze, tante danze, con drappi tanto poveri, ma tanto sgargianti che davano un senso di grande festa. A mezzanotte in punto dovevamo già trovarci a Messa iniziata e quando la campana suonava, noi iniziavamo a cantare il Gloria…

Finita la Messa ci si tratteneva un può a chiacchierare e più che altro a farci gli Auguri sulla porta della chiesa. Poi tutti a casa perché c’era ancora da camminare un’ora o anche più, prima di raggiungere la propria capanna.

Nessun cenone, perché non si sa che cosa sia. E poi domani mattina ci aspetta la Messa Solenne, come quella della Mezzanotte, ancora a Makuyu o in uno dei villaggi della parrocchia.

Tanta povertà e semplicità, ma tanta, tanta gioia. Vorrei che i miei Natali potessero essere sempre così! Buon Natale a tutti!

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