Don Angelo Regazzo ha “sposato” l’Etiopia quando fu coinvolto nell’opera di soccorso a seguito della grande carestia che la colpì nel 1983-85. Proveniva da altre missioni salesiane in cui si poteva pensare di costruire: lì si trattava di salvare.
La stessa situazione, se non peggiore, potrebbe presentarsi oggi in quello stesso Paese e in tutto il Corno d’Africa. Le condizioni che causarono al tempo un milione di vittime sembrano ripresentarsi, con la complicazione oggi della pandemia da Covid-19. È questo l’allarme che giunge dai salesiani di Addis Abeba e delle altre tredici città in cui la congregazione, da quegli Anni Ottanta a oggi, con le sue opere ha acquistato grande fiducia da parte della popolazione e delle istituzioni, soprattutto nel campo della formazione professionale.
Don Angelo ha affrontato la situazione di questo 2020 mettendo al primo posto la protezione dei “suoi” trecento e più ragazzi ospiti del Don Bosco Center. Accolti dalla strada dove i missionari vanno a cercarli sotto i cavalcavia, negli angoli di spaccio della droga, nelle bande che si insinuano nei mercati, ordinariamente ad essi offre un tetto, un cibo regolare, l’istruzione e una profilassi sanitaria impossibile altrove. E poi il gioco, la partecipazione ai servizi nella comunità, l’avviamento a un lavoro… Soprattutto i ragazzi trovano lì qualche adulto disponibile ad ascoltarli e a fare loro da papà. Per via della diffusione del virus il Centro si è trasformato in un rifugio in grado di resistere a lungo alla contaminazione. Ma la difesa strenua del diritto alla salute e al futuro di questi ragazzi, dai piccolissimi a quelli prossimi alla maggiore età, è contrastata da circostanze alle quali nessuno fra gli operatori del “Don Bosco” può opporsi.
C’è il pericolo di una nuova crisi umanitaria le cui cause, per drammatica ripetitività, risiedono nella guerra scoppiata nella regione del Tigray. Nella lettera di auguri per queste festività don Angelo ha descritto la situazione.
La guerra del Tigray
Saranno festività natalizie blindate quest’anno a causa dell’antipatico Covid che ci costringe a portare la mascherina e a limitare incontri e spostamenti. Per molte famiglie nel mondo poi sarà un Natale triste per la mancanza di qualche persona cara che il virus s’è portata via…
Chiediamo al Bambin Gesù di far passare presto questa brutta pandemia e di portare la Pace in tante nazioni, Etiopia compresa, straziate dalla guerra. Speriamo che presto tutto questo passerà e che potremo tornare alla normalità.
Noi al Bosco Children, salesiani, operatori sociali e ragazzi siamo ormai in semi-lockdown da ottobre. Grazie a Dio siamo ancora tutti sani. Io fui l’unico ad avere un incontro ravvicinato col Covid ai primi di settembre; ma con 8 giorni di ospedale e 14 di quarantena mi ripresi completamente e tornai a tutte le mie attività. Ai primi di ottobre riaprimmo la Scuola Tecnica richiamando tutti i maestri e studenti (130 esterni e 70 interni): pochissimi mancarono all’appello. In un mese riuscimmo a concludere l’anno scolastico che era stato interrotto dal lockdown e a far prendere il COC (Certificato di Competenza nel Lavoro) grazie al quale i nostri ragazzi poterono entrare nel mondo del lavoro ed essere assunti nelle diverse fabbriche secondo la loro specializzazione.
Ai primi di novembre purtroppo scoppiò il conflitto tra il Governo Federale e il Tigray, una Regione del Nord Etiopia, che non volle più riconoscere l’Autorità del Governo Centrale, attaccando un Presidio Militare nella capitale, Mekele. Il Governo fu costretto ad intervenire con l’esercito federale e il conflitto tuttora continua. Lo scontro costrinse molte migliaia di Tigrini a lasciare ogni cosa e a rifugiarsi nel Sudan. Da un mese la Regione del Tigray fu completamente isolata dal resto della Nazione: internet e linee telefoniche sono finora interrotte per cui ben poco si sa di ciò che sta succedendo in quelle zone. Le uniche notizie che ci pervengono sono dalla BBC e da Al Jazeera. Noi stessi non abbiamo alcuna notizia dei nostri confratelli delle quattro Comunità Salesiane che abbiamo nel Tigray. Possiamo solo immaginare che, come tutta la povera gente del posto, avranno difficoltà nel procurarsi il cibo…
Vi invito a pregare per la Pace in Etiopia perché tale conflitto potrebbe innescare una lotta di guerriglia tra forze governative e separatisti che potrebbe continuare per anni, come ai tempi del dittatore Menghistu 38 anni fa quando io mi trovavo a Mekele. Naturalmente a pagare di persona è sempre la povera gente già duramente provata dal Covid e dal passaggio delle cavallette che hanno distrutto il raccolto di quest’anno.
Il grande investimento sui giovani
Durante il lockdown con i soldini che ci sono arrivati da amici generosi siamo riusciti ad aiutare migliaia di poveri che la pandemia ha triplicato, in modo particolare tantissimi ragazzi e ragazze di strada che la Polizia Federale raccolse dalle strade e radunò in grandi Centri di Assistenza per limitare il contagio. Il nostro autista portava ogni settimana quintali e quintali di cibo e materiale sanitario ai Centri di Distribuzione. Finalmente ai primi di dicembre le scuole in Etiopia furono riaperte e tutti gli studenti poterono far ritorno alle loro classi. Anche noi siamo ripartiti con il lavoro sulle strade e il Programma di Orientamento ‘Come and See’. I ragazzi che prendiamo li teniamo giorno e notte, isolati e in quarantena prima di metterli insieme agli altri.
E il Covid? Purtroppo non se ne parla più di quel tanto, forse perché’ la guerra civile ha preso il sopravvento sulla pandemia e sulle cavallette… È un fatto però che il sole forte e l’età giovane della popolazione d’Etiopia frenano la diffusione del virus. Speriamo che il vaccino arrivi presto anche qui perché il Covid potrebbe diventare un terzo grosso problema per l’Etiopia.
Con i nostri Monelli Buoni vi ricordiamo nelle preghiere, vi auguriamo di rimanere SANI e di tornare presto a RIABBRACCIARVI come prima… dell’era delle mascherine. Grazie della vostra Amicizia e supporto incoraggianti.
Buon Natale e felice anno nuovo 2021.
Don Angelo Regazzo, SDB