“Non voglio chiedere l’elemosina, voglio studiare”, è l’appello di Ajala (nome di fantasia), una ragazzina di 11 anni trovata dai missionari di Don Bosco alla stazione ferroviaria principale di Bangalore, la capitale dello stato indiano meridionale del Karnataka. Ajala è stata portata al centro salesiano di accoglienza per ragazze, il Bosco Vatsalya Bhavan, dove è iniziata la ricerca della sua famiglia. Ajala viveva per le strada della grande città chiedendo l’elemosina e vendendo tabacco da masticare per il patrigno.
Il personale dell’unico centro di accoglienza e rifugio esclusivamente per le bambine a rischio ha cercato di ricostruire le circostanze che avevano costretto Ajala a vivere per strada, ma non è stato facile, lei in un primo momento non se la sentiva di parlare, era molto spaventata. Poi col passare dei giorni ha raccontato di venire da Kotipi in Andhra Pradesh, i salesiani hanno contattato la rete delle childline (la linea telefonica gratuita, attiva 24 ore su 24, pensata per i bambini di strada in situazioni di crisi e grave pericolo) e la stazione di stazione di polizia, ma entrambe non hanno fornito alcun indizio. Diversi giorni dopo Ajala, mentre giocava con un giovane salesiano ha citato la Peddapadu Girls Home (la casa delle ragazze), del distretto di Kurnool, come luogo a lei molto caro. I missionari di Don Bosco sono riusciti a entrare in contatto con il Comitato per il benessere dell’infanzia di Kurnool e Ajala è stata identificata come un ospite della casa.
I salesiani sono così riusciti a mettere insieme i vari pezzi della storia della giovane ragazza e a scoprire che è originaria di Kurnool, la famiglia si è disgregata quando la madre ha lasciato il padre, dipendente dall’alcol. La madre si è poi risposata con un uomo che chiedeva l’elemosina per vivere. Non potendo cambiare lui, né le circostanze, fu costretta a unirsi a lui, portando Ajala fuori dall’ostello di Peddapadu, dove viveva da tempo. La famiglia chiedeva l’elemosina durante il giorno e passava le notti per strada, poi emigrò a Bangalore. Nella capitale un giorno Ajala è scappata, in cerca di futuro.
Anche se i suoi genitori non sono ancora stati rintracciati, Ajala ha trovato una casa nel cuore di molte persone che ha incontrato lungo il cammino. Nella casa di accoglienza Vatsalya Bhavan fin dall’inizio si è ambientata, partecipava volentieri a ogni evento e attività. Attraverso un percorso di guida e consulenza ha iniziato a liberarsi dei sensi di colpa e della vergogna che le derivavano dal periodo trascorso in strada e dopo un lungo percorso di crescita e aiuto psicologico è stata riaccompagnata a Kurnool, dove ha ripreso felicemente gli studi nella Peddapadu Girls Home.
Il potere della presenza in strada
Don Bosco sulle strade, accanto a tante bambine, bambini e ragazzi, incarna la sicurezza, l’accoglienza e la difesa dei loro diritti e della loro voce come individui. La presenza dei missionari contribuisce a restituire ai giovani l’infanzia perduta e, soprattutto, una vita libera dalle mani degli sfruttatori, pronti a predare i bambini vulnerabili.
È molto facile che i bambini di strada vengano catturati da protettori e trafficanti, per cui è necessaria la presenza costante in luoghi strategici dei salesiani, degli operatori e delle operatrici che collaborano con i Figli di Don Bosco. Nonostante la grande differenza negli scenari di strada nel corso degli anni, la natura preventiva e proattiva della presenza in strada dei salesiani rimane la stessa. Padre George ci ricorda che i salesiani escono a turno dopo cena per recarsi alle stazioni degli autobus e dei treni, al mercato cittadino, dove si trovavano i bambini, per incontrarli e parlare, costruendo comunità attente in strada, creando consapevolezza sui diritti dei bambini. È anche prassi che il personale esca durante le interruzioni di corrente per essere presente nelle strade.
Questa presenza fisica è stata ampliata attraverso la formazione di “comunità di cura” in strada: operatori sanitari, autisti di taxi, personale ferroviario, personale di polizia, negozianti, vengono sensibilizzati e responsabilizzati ad avvertire il sistema di protezione dell’infanzia di un bambino vulnerabile. Più di 400 persone sono state sensibilizzate, diventando gli occhi e le orecchie dei protettori dell’infanzia.
“La passione e l’impegno delle équipe di strada di Don Bosco per la tutela dei diritti dei minori è ciò che porta speranza a ogni singolo bambino in condizioni difficili. Essere presenti in strada richiede passione, dedizione e impegno. Se si hanno queste caratteristiche, si è pronti a sacrificarsi per l’interesse del bambino. Si deve uscire dalla zona di comfort, affrontare le minacce dei violatori dei diritti dei minori, andare dai bambini ovunque essi si trovino, accettarli così come sono, senza pregiudizi di casta, di genere”, ci racconta Sheeba, responsabile del Bosco Vatsalya Bhavan, che lavora nel centro dagli anni ’80, “non smetteremo mai di andare in strada, è un dovere morale”.