Alcuni giorni fa gli scontri nel territorio di Masisi, nella provincia del Nord Kivu nella Repubblica Democratica del Congo, si sono intensificati verso Mushaki e Karuba, due villaggi a 50km da Goma. Anche i villaggi di Shasha, Kirotshe e Kihindo stanno vivendo la stessa situazione e diverse famiglie sono scappate in massa verso Manova e Sake.
È sempre più difficile tenere il conto delle migliaia di persone che continuano a scappare in cerca di un posto sicuro lontano dagli scontri, è la seconda volta che gli sfollati provenienti da Shasha, Kirotshe, Kichonga, Ngungu, Karuba e altre località del territorio di Masisi si aggiungono alle migliaia di altri sfollati che si trovano nei campi della città di Goma. I campi sembrano non avere più spazio sufficiente.
Centinaia di bambini, anziani e giovani si ritrovano in condizioni inaccettabili ai lati della strada alla ricerca di famiglie ospitanti e altri prendono di mira i campi dove hanno la possibilità di essere accolti. I campi di Bushagala, Bulengo e Rusayo sono i più vicini, a seconda delle affinità altri preferiscono viaggiare molto per raggiungere le proprie famiglie in altri campi più lontani da Sake, questi sono i campi di Don Bosco Ngangi e quello di Kanyaruchinya. Questa situazione si sta delineando proprio nel momento in cui i soldati che sono al fronte stanno lanciano bombe verso Goma, una è caduta sull’aeroporto, un’altra sulla scuola di Nengapeta mentre fortunatamente gli studenti erano già tornati a casa. Altre due sono cascate a pochi metri dall’Università di Goma e al nuovo mercato chiamato “Kisoko” a Mugunga, ai margini dell’Ecole du Cinquantenaire, un’importante scuola tecnica di Goma. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso preoccupazione per l’escalation di violenza.
I salesiani di Don Bosco sono al fianco degli sfollati e continuano a distribuire aiuti di prima necessità, il campo sfollati di Don Bosco-Ngangi attualmente conta più di 3.500 famiglie, quello di Don Bosco Shasha ne ha circa 1.000 famiglie.
Ai bambini più piccoli viene distribuita una pappa una volta al giorno, oltre al pasto che viene distribuito a tutti, sembra poco, ma significa tantissimo soprattutto per coloro che soffrono di malnutrizione. È necessario razionare cibo e acqua per poter aiutare tutti, nonostante sia impossibile prevedere quante altre persone possano raggiungere i campi nei prossimi giorni o mesi.
Il direttore della comunità salesiana di Shasha, don Kizito Tembo, una settimana fa ha inviato il seguente messaggio ai suoi confrattelli: “La situazione si sta infuocando, in breve tempo abbiamo sentito volare proiettili provenenti da tutte le direzioni e il panico ha attanagliato il villaggio. Per evitare di cadere in un’imboscata, ho chiesto a tutti di restare dove erano. E poiché l’assalto è stato improvviso, non siamo riusciti a evacuare nessuno. Nella comunità ci siamo chiusi in casa con 6 uomini, 8 donne e 18 bambini. Nel campo degli sfollati csi gridava “si salvi chi può”, Shasha è caduta nelle mani dei ribelli. Ci affidiamo alla misericordia divina, abbandonandoci nelle mani della Madonna. Il giorno dopo abbiamo appena trascorso una domenica più o meno tranquilla, a volte disturbata alcuni spari e qualche bomba che proveniva dalle montagne del Kiluku. Domani o dopodomani se le cose continueranno a migliorare come oggi, gli sfollati potranno recarsi nelle aule per liberare lo spazio della comunità. Vi chiediamo di continuare a pregare per noi, perché ritorni completamente la calma e le persone ritornino alle loro varie attività.” Il giorno dopo, i ribelli sono entrati nella comunità e hanno detto a tutti di lasciare la casa senza prendere nulla. Li hanno accompagnati fino a Kirotche, da dove gli sfollati hanno proseguito a piedi fino a Sake, nella zona occupata dalle forze armate governative e di lì sono arrivati a Goma.