Il 15, 16 e 17 ottobre si celebrano 3 giornate a livello mondiale, rispettivamente la Giornata internazionale delle donne rurali, la Giornata mondiale dell’alimentazione e la Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà. Il senso di questi eventi è quello di focalizzare l’attenzione su problemi che non trovano ancora oggi una soluzione ma per i quali è impensabile non prodigarsi con ogni sforzo, perché marginalizzazione, fame e povertà sono piaghe che affliggono milioni di persone.
Potremmo scrivere tantissime parole che a livello teorico indaghino a fondo cause e conseguenze di questi fenomeni ma rischieremmo di fare un esercizio meritevole ma un poco fine a sé stesso. Perciò, affinché siano giornate dedicate a celebrare non delle gravi carenze a livello mondiale ma un risultato concreto, vi proponiamo l’esempio di un piccolo-grande progetto che sta davvero facendo la differenza per le persone che vi sono coinvolte.
Siamo in Sud Sudan e precisamente a Gumbo, un quartiere periferico della capitale Juba. Qui i salesiani hanno una missione – di 10 ettari di terreno – che confina con un grande campo profughi. All’interno della missione ogni giorno fervono le attività, si svolgono le lezioni della scuola primaria, si preparano migliaia di pasti, si fornisce assistenza medica attraverso il monitoraggio della salute di mamme e bambini e si coltiva la terra, che qui è un lavoro svolto in prevalenza dalle donne.
Di notte le stesse stanze delle classi e i porticati dove i bambini giocano al riparo dal sole diventano un rifugio per le donne del campo profughi, che troppe volte nelle ore notturne sono state vittime di violenza. Le donne spostano i banchi e le sedie e stendono le stuoie, sentendosi protette dalle mura e dalla condivisione degli spazi con le altre. I banchi sono gli stessi su cui i loro bambini l’indomani impareranno a leggere e scrivere e sono davvero qualcosa di più di una speranza per una mamma che un quaderno non l’ha posseduto mai, una lettera non è mai stata in grado di scriverla, un bugiardino di un farmaco salvavita non è mai riuscita a leggerlo.
In una parte dei terreni della missione le suore salesiane del Mazzarello Women Center hanno un centro di formazione professionale che è proprio rivolto a queste donne.
Un giorno, visitando il campo profughi, le missionarie hanno notato che tra le capanne tirate su con sterpaglie e teli di plastica si nascondevano dei piccoli tesori: microscopici orti, non più di 3-4 metri quadrati di terreno coltivato con infinita cura, dai quali queste donne ricavano verdure che vanno a integrare i loro miseri pasti. La naturale conseguenza è stata quella di pensare a qualcosa di concreto, che potesse fornire loro degli strumenti culturali ma anche dei veri attrezzi per sviluppare al meglio un talento che già possiedono.
Così è nato il progetto agricolo che vede coinvolte 150 donne, per garantire anche alle loro famiglie (spesso composte solo da mamma e figli) la sicurezza alimentare. Perché il suolo di questo paese è fertile, sono stati gli anni di guerra civile, le carestie, le migrazioni e decine di altre concause a impedire fino a oggi lo sfruttamento agricolo.
Nel terreno della missione le suore hanno ricavato un grande appezzamento quadrato, i cui lati sono di circa 500 metri, suddiviso in tre zone: la prima fascia dedicata alla “scuola” vera propria, dove si mostra alle donne come coltivare e prendersi cura del raccolto, il secondo terreno assegnato attraverso piccoli lotti a ciascuna donna, perché integri quel poco che riesce a coltivare vicino alla sua capanna, infine una terzo appezzamento in cui le donne divise in gruppi praticano la coltivazione comunitaria, una sorta di cooperativa per produrre verdure e legumi da vendere al mercato. Accanto a questo progetto agricolo si sta sviluppando anche quello per l’allevamento di animali come polli e capre.
Questo progetto ci permette anche di affrontare un altro problema, quello legato alla condizione femminile. Le donne che vivono in un contesto urbano, ma ancor di più quelle che nelle campagne si trovano ad allevare figli in famiglie di fatto mono genitoriali, sono le principali vittime di discriminazione: non hanno accesso a cure mediche e istruzione, non ricevono una formazione professionale e di conseguenza non sono in grado di trovare un lavoro dignitoso. Si tratta di un terribile paradosso, perché di fatto in Sud Sudan l’economia domestica si regge quasi del tutto sulle spalle delle donne, cioè su persone a cui si chiede di assumersi enormi responsabilità senza dotarle degli strumenti culturali e operativi per fare fronte alle necessità quotidiane.
Oggi nella missione salesiana di Gumbo 300 famiglie ricevono un supporto alimentare, a circa 2500 bambini è garantito un pasto quotidiano mentre le loro mamme frequentano il centro di formazione professionale delle salesiane (alfabetizzazione, cucito, cucina) e altre 150 in particolare si dedicano ad agricoltura e allevamento.
Con il nostro ultimo progetto e grazie alla generosità dei nostri benefattori siamo riusciti ad acquistare un nuovo erpice, a costruire due torri e a installare i serbatoi dell’acqua di 10.000 e 5.000 litri: il primo serve per l’irrigazione dei campi anche durante la stagione secca, il secondo per il mantenimento degli animali.
Gesti concreti che stanno migliorando, e non di poco, la qualità della vita di queste persone. Questo pensiamo che sia il modo migliore per celebrare queste giornate mondiali, condividendo la soddisfazione per un risultato raggiunto ma con gli occhi che guardano già avanti, verso un nuovo traguardo da raggiungere.