Reagire comunicando in maniera costruttiva

Costruire mentre le forze prevalenti nel mondo operano la “distruzione”, non solo quella comunicativa ma anche quella materiale.

La prevalenza della guerra

Scriviamo queste righe mentre ci risulta difficile comunicare con i missionari in Sudan che sono sotto il tiro incrociato di forze militari regolari e di un esercito consistente come mille bande armate. E siamo lontani dalla fine dell’estenuante braccio di ferro a colpi di missili, droni e contraerea che sta distruggendo l’Ucraina. Siamo appena venuti fuori da una delle guerre fratricide in cui un premio Nobel per la pace ha attaccato tre anni fa una regione della sua stessa nazione, aiutato in questo da un paese vicino con il quale aveva da poco concluso una trentennale guerra di trincea. Dove la gente di buona volontà ha provato a contrastare siccità, carestie, analfabetismo, epidemie… altri hanno armato, seminato odio, ucciso conquistato il potere. I salesiani non possono far altro che resistere per garantire la vicinanza alle vittime e agli scoraggiati.
Haiti, una fetta dell’isola Hispaniola che non ha goduto di una vera indipendenza dalla colonizzazione antica e dalla protezione interessata di una grande potenza contemporanea, sta vivendo una cancrena sociale che pare non abbia cura. La violenza è il pane quotidiano, mentre terremoti e uragani ne provano ciclicamente la stessa resistenza geologica. Manca un governo sufficientemente autorevole per ripristinare un minimo di sicurezza sociale.

Reagire comunicando

Non solo chi opera su un quadro mondiale può essere sopraffatto dall’informazione che segnala il moltiplicarsi di focolai e di realtà di guerre: anche l’opinione pubblica italiana in generale – tra una notizia sulla ripresa del turismo di massa e una sull’ennesima celebrazione del cibo come centro del vivere – riceve segnali allarmanti, quasi come per prepararsi al peggio. Se la comunicazione è prevenzione e cura dei mali sociali, quella che viene manipolata è ingrediente decisivo per orientare il sentimento del pubblico verso politiche distorte e la manipolazione culturale. La comunicazione costruttiva può contrastare la decadenza e invertire il senso di marcia. Non si tratta di raccontare storie consolatorie, di mostrare obiettivi oltre il limite di tempo raggiungibile da una generazione, di cercare la perla in mezzo al fango, ma di usare a tutti gli effetti la conoscenza e lo scambio come strumento per progettare e realizzare una descrizione diversa e meglio fondata della relazione umana. A volte viene da pensare che l’aggettivo “costruttiva” debba essere tolto per non connotare questa comunicazione come se fosse di seconda scelta rispetto a quella che costituisce la corrente principale. Forse si può coltivare invece – in giusta misura – l’orgoglio che deriva dall’essere schierati dalla parte di chi vuol fare dell’informazione un servizio che consegna la verità, che corrobora la volontà, che ispira coraggio ad andare anche controcorrente quando occorre.

Un osservatorio privilegiato

Qui a Missioni Don Bosco abbiamo il compito di informare le migliaia di persone che ci affidano l’aiuto ai missionari sulle azioni che essi realizzano per la cura, l’istruzione, la protezione di milioni di bambini, ragazzi e giovani, e delle loro famiglie. Abbiamo la fortuna di poter documentare ogni giorno le opere che fanno crescere le comunità, generano competenze per il lavoro, suscitano ulteriore generosità a beneficio del prossimo in difficoltà. Sempre più, sollecitati a raccontare i “miracoli” a cui assistono, i missionari si rendono parte attiva per riversare anche nella nostra società – un po’ titubante, rassegnata e cinica – il vino nuovo che ci dà speranza, fiducia, energia morale.

Questo articolo è stato scritto per la Giornata Nazionale dell’Informazione Costruttiva 2023 #GNIC2023.

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