“Tutto appartiene all’amore. In queste sue parole possiamo raccogliere l’eredità spirituale lasciata da San Francesco di Sales, che morì quattro secoli fa, il 28 dicembre 1622, a Lione”: così prende avvio la lettera apostolica di papa Francesco sul santo dottore della Chiesa al quale si ispirarono generazioni di cattolici e, non ultimo, il giovane sacerdote Giovanni Bosco a Torino.
I salesiani, che da lui prendono il nome, sono portatori nel tempo e nello spazio della spiritualità coltivata e diffusa da questo maestro che apriva il cuore e la mente dei suoi interlocutori con la chiave dell’amorevolezza, nella Ginevra di cui fu vescovo anche di chi aveva respinto il Papa per abbracciare la Riforma protestante. “La ragione profonda di questo stile di vita pieno di Dio gli si era fatta sempre più chiara nel tempo, ed egli l’aveva formulata con semplicità ed esattezza nel suo celebre Trattato dell’amore di Dio: Se l’uomo pensa con un po’ di attenzione alla divinità, immediatamente sente una qual dolce emozione al cuore, il che prova che Dio è il Dio del cuore umano”, sottolinea papa Francesco. Si tratta di un approccio originale e fecondo se consideriamo che la disputa e la frattura nella Chiesa del suo tempo erano legate a questioni dottrinali.
Mentre i cristiani si dividevano nel pensare al valore delle opere rispetto alla fede, alla sostanza dei sacramenti, all’autorità interpretativa delle Sacre Scritture, qualcuno come Francesco di Sales cercava il modo per arrivare a Dio nella maniera più diretta: “In questa luce si comprende come per San Francesco di Sales non ci fosse posto migliore per trovare Dio e aiutare a cercarlo che nel cuore di ogni donna e uomo del suo tempo”, osserva la lettera apostolica.
Don Bosco riprodusse questo modo di intendere la sua personale ricerca della verità, ossia dell’agire secondo Dio, e decise di far diventare questo il suo metodo per avvicinare i giovani e per incamminarsi con loro sulla strada della realizzazione nella vita, per raggiungere in ultimo il Paradiso.
Davvero le parole che usa il Papa per descrivere il percorso di formazione di San Francesco di Sales si possono ripetere nella biografia di San Giovanni Bosco: “Lo aveva imparato osservando con fine attenzione sé stesso, fin nella sua prima giovinezza, e scrutando il cuore umano”.
È bello osservare che questo metodo abbia assunto un valore universale attraverso i Figli di Don Bosco inviati in tutto il mondo. Come spiegarsi altrimenti che l’esperienza costruita in una città dell’Ottocento italiano sia ripetibile oggi nei contesti culturali e sociali più diversi di 134 Paesi? Se fosse una “tecnica” educativa, se fosse una “formula” organizzativa, se fosse una “volontà” espressa da persone avventurose, la presenza salesiana non sarebbe oggi così capace di penetrare nelle nuove generazioni.
Senza lo Spirito divino questa grande rete si accascerebbe su se stessa, e non si troverebbero parole e proposte davvero adeguate ai ragazzi e alle ragazze di ogni continente, e non ci sarebbero persone disponibili a spendersi con tutto se stesse in situazioni proibitive come certe periferie urbane, in condizioni di guerra o minacciati dalla fame.