Non c’è missione senza cristiani in ascolto dello Spirito Santo

Giornata missionaria mondiale 23 ottobre 2022

Tra gli ascoltatori più attenti al messaggio di Papa Francesco per la Giornata missionaria mondiale ci siamo noi di Missioni Don Bosco: benefattori, amici, soci, collaboratori del presidente don Daniel Antunez.

«Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra»: è qualcosa di più di un titolo dato alla Giornata, è la carta dell’impegno missionario dei discepoli di Gesù. È il suo messaggio prima dell’ascensione al Cielo così come lo hanno registrato gli Atti degli apostoli (al capitolo 1, versetto 8). Dopo che Maria di Magdala aveva sentito la sua voce e lo aveva riconosciuto nei pressi della tomba, dopo che Tommaso aveva toccato con le sue dita la ferita al costato del Maestro, dopo che alcuni avevano condiviso con lui il cibo in riva al mare di Galilea… quando i suoi amici si sono finalmente radunati avendo percepito la resurrezione dopo il suo assassinio sulla croce, il Figlio dell’Uomo si mostra e lascia come un testamento spirituale.

Ogni discepolo – ognuno di noi che cerca di seguire i passi di Gesù – «è chiamato a riconoscere l’importanza fondamentale dell’agire dello Spirito, a vivere con Lui nel quotidiano e a ricevere costantemente forza e ispirazione da Lui» sottolinea Francesco. Quei discepoli «che erano prima deboli, paurosi, chiusi… lo Spirito Santo li ha fortificati, ha dato loro coraggio e sapienza».

Dunque la Giornata che ci prepariamo a vivere può risultare anzitutto come incoraggiamento e rafforzamento delle nostre vita alla luce della presenza divina. «Anzi, proprio quando ci sentiamo stanchi, demotivati, smarriti, ricordiamoci di ricorrere allo Spirito Santo nella preghiera» raccomanda il Papa.

Il contesto internazionale e locale nel quale viviamo questi anni sembra togliere spazio alla forza benevola dello Spirito. Questa generazione è spaventata come mai prima d’ora dalle guerre in corso in ogni angolo della Terra: sono calcolati 23 conflitti “a alta intensità” e questa intensità viene minacciata fino al livello della distruzione atomica; il cambiamento del clima e dell’ambiente che deriva dall’attività umana ha raggiunto quasi il punto di non ritorno, la povertà aumenta nelle società e i giovani non guardano con fiducia al futuro collettivo. Cosa abbiamo da portare di “cristiano” in questo contesto?

Il Papa ribadisce che «tutti i discepoli saranno testimoni di Gesù grazie allo Spirito Santo che riceveranno: saranno costituiti tali per grazia. Ovunque vadano, dovunque siano»: la questione è dunque se lasciamo spazio allo Spirito Santo perché ispiri comportamenti fedeli al Vangelo. Non c’è necessità di forzare l’atteggiamento quando si vive di quella grazia, non occorre ricercare parole convincenti, non si devono architettare strategie complicate. Nelle nostre città e nei nostri paesi, in famiglia o al lavoro, nel volontariato e nel tempo libero la presenza di cristiani deve essere lievito di pacificazione e di rispetto reciproco e per il creato.

Questa stessa presenza è evangelizzazione. E quando saremo sufficientemente “maturi” saremo anche annunciatori credibili. «Ogni battezzato è chiamato alla missione nella Chiesa e su mandato della Chiesa: la missione perciò si fa insieme, non individualmente, in comunione con la comunità ecclesiale e non per propria iniziativa. E se anche c’è qualcuno che in qualche situazione molto particolare porta avanti la missione evangelizzatrice da solo, egli la compie e dovrà compierla sempre in comunione con la Chiesa che lo ha mandato» dice ancora il Papa.

Noi abbiamo un privilegio: quello di essere fra i più diretti assistenti all’azione missionaria di nostri fratelli e sorelle che spingono la presenza della comunità dei credenti fino “ai confini della Terra”, in ambienti che mai riusciremo a raggiungere di persona. Ma con umiltà possiamo sentire che condividiamo le fatiche e il coraggio dei tanti missionari, dei sacerdoti e dei laici consacrati che affrontano situazioni estreme o l’ordinaria fatica della costruzione di opere per l’educazione e lo sviluppo di intere comunità.

Già papa Paolo VI spiegava che «allorché il più sconosciuto predicatore, catechista o pastore, nel luogo più remoto, predica il Vangelo, raduna la sua piccola comunità o amministra un Sacramento, anche se si trova solo compie un atto di Chiesa, e il suo gesto è certamente collegato mediante rapporti istituzionali, ma anche mediante vincoli invisibili e radici profonde dell’ordine della grazia, all’attività evangelizzatrice di tutta la Chiesa». Possiamo dunque a buon diritto considerarci missionari a fianco dei missionari se viviamo il loro stesso obiettivo ogni domenica partecipando all’eucarestia, ogni giorno costruendo rapporti di amicizia e di giustizia.

Ogni comunità è missionaria anche se non ha rapporti diretti con un missionario o se è così povera da non avere risorse da regalare allo sviluppo di iniziative pastorali o educative in Paesi lontani. Ma il buon andamento della vita comunitaria in una parrocchia, la crescita di donne e uomini che provano a specchiarsi nel modello delle beatitudini, la capacità di organizzare con profitto un servizio ai giovani o agli anziani, la silenziosa ed efficace manifestazione di amore per le vittime che incontriamo nelle nostre esistenze sono quelle la concretizzazione dell’annuncio evangelico. Se succede che il nostro vivere la Chiesa non è più ammirato dai poveri e da chi cerca verità azzoppiamo l’azione dei missionari in altri angoli del mondo.

«Perciò è fondamentale, per la trasmissione della fede, la testimonianza di vita evangelica dei cristiani»: questa affermazione di Francesco, nostro servo e Papa, è un’esortazione rivolta alla coscienza di ognuno di noi.

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