Seconda parte dei diari del viaggio missionario in Congo
Martedì 9 agosto
Alle 5 ero già sveglio, carico di coraggio per uscire. La mattinata è iniziata con la celebrazione dell’Eucaristia comunitaria… ovviamente in francese, che capisco poco, ma come dico sempre, la Messa è la Messa e la presenza di Dio è lì.
Dopo la merenda e accompagnati da alcuni collaboratori, giovani e salesiani, abbiamo iniziato il nostro cammino. Siamo andati incontro ad un gruppo di ragazzi che stavano svolgendo l’attività estiva. Che bel momento! Tra grida e saluti, abbiamo potuto ballare al ritmo di un tamburo: è stato un momento magico, indimenticabile. Per la gioia, la festa e la bellezza di poterlo godere insieme, posso dire di aver potuto contemplare con i miei occhi il fluire della vita. Purtroppo dopo un po’ dovevamo partire… sarei rimasto a ballare ancora un po’.
Mentre ci avviavamo cominciavano ad apparire ragazzi da tutte le parti, mi stupivo di come si avvicinavano a poco a poco lungo la strada, alcuni mi prendevano per mano, altri mi guardavano e sorridevano; non mancava chi, quando mi sono avvicinato a loro per salutarli, è scappato. È stata un’esperienza molto forte, vedere, toccare, sentire con le mani la povertà, la sofferenza, e si potrebbe anche dire la rassegnazione. Per tutto il percorso i ragazzi ci accompagnavano, aumentavano sempre di più. Il contatto con le famiglie, soprattutto con le mamme e i loro figli, è stato un altro colpo al cuore, non avevo finito di elaborare internamente ciò che avevo visto e sentito, che subito mi sono trovato a sentire storie di situazioni familiari tremende. Ci sono così tanti bambini, ci sono così tante situazioni di sofferenza, che avrei voluto piangere, abbracciarli, dire loro qualcosa di affettuoso, di consolatorio. Come spesso accade quando ci troviamo di fronte a una realtà così crudele, mi sono detto: – Cosa posso denunciare? In cosa posso concentrare la mia energia per aiutare queste persone? Dov’è il mio cuore? -. E tante altre domande che mi hanno fatto pensare e dire ancora una volta: – La vita è donare soprattutto a chi ha più bisogno di noi! –
La terra è rossa; è come la sabbia, come una polvere che si attacca al tuo corpo, ai tuoi vestiti, fa parte del luogo, parte di loro. Durante la passeggiata con tanti bambini che ci seguivano da una parte all’altra, non riuscivo a pensare, non potevo fermarmi un attimo per dire a tutti qualcosa: basta salutare e dare il buongiorno. Ho avuto la certezza e che quel saluto poteva almeno farli sentire riconosciuti, accompagnati, amati. Tornati in comunità abbiamo pranzato e dopo una breve pausa siamo usciti di nuovo per incontrare altre persone, altri bambini… non sapevo dove saremmo andati e con chi ci saremmo incontrati, ma non era importante, ero sicuro che ci avessero accolto con mani e cuori aperti.
Abbiamo conosciuto altre famiglie che quest’estate hanno accolto dei bimbi abbandonati o che vivono nelle case-famiglia. Lì, sono al sicuro: sono con persone che li amano, che si prendono cura di loro; hanno un tetto, un piatto di cibo, la possibilità di andare a scuola e sognare per un futuro migliore. Per chiudere la giornata abbiamo visitato un luogo dove sarà aperta una nuova opera, dove dal prossimo anno si stabiliranno tre fratelli e inizieranno ad accompagnare le famiglie di quella zona. Non hanno ancora un posto dove vivere, almeno un posto dove stare per un po’, ma sono sicuro che l’anno prossimo le cose cambieranno. Se questo non significa non arrendersi e credere nella provvidenza, io non so come chiamarlo.
Abbiamo poi visitato la comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice: la casa, la scuola. Anche loro vivono e lavorano in periferia, sostengono più di mille ragazzi e ragazze con cui lavorano quotidianamente. Tornati a casa, abbiamo condiviso la cena, ci piace stare insieme e poter celebrare la vita come comunità. Chiudo questa giornata con il cuore pieno di volti nuovi, sorrisi puri, sguardi curiosi, tanti piedi nudi, con una certezza: la vita è un dono e non smette mai di sorprendere, abbiamo un impegno importante, prendersi cura di lei!
Mercoledì 10 agosto
Ci siamo alzati presto per celebrare la Messa e poi siamo andati in aeroporto per prendere il volo che ci avrebbe riportato a Kinshasa. Fra una cosa e l’altra siamo arrivati tardi in comunità, giusto il tempo di fare due chiacchiere, mangiare qualcosa e poi andare a letto.
Giovedì 11 agosto
Oggi abbiamo lasciato Kinshasa, la capitale, alle 4 del mattino per raggiungere in macchina la missione di Tshikapa. Dentro di me avevo un desiderio profondissimo di conoscere questa opera. Nel buio si vedeva poco. Mentre avanzavamo lungo il percorso il sole ha cominciato ad illuminare il paesaggio con un’alba davvero bellissima: Il sole qui è di un rosso intenso che non abbaglia, ma anzi dà un senso di pace. Proprio con la luce iniziavi a vedere le piccole capanne di fango e canne: da lì uscivano dei bambini per scaldarsi accanto al fuoco. Così, all’alba, iniziavo a vedere la realtà di un povero Congo, povero e lontano.
Ero davvero impressionato. Ho visto bambini che vendevano piccole cose, alcuni scalzi, madri che trasportavano quelle grandi ciotole piene di manioca per venderla e guadagnare qualche moneta. Questa scena delle donne che portavano qualunque cosa sulla testa si ripeterà lungo tutto il percorso. Durante tutto il viaggio, questa e altre scene non hanno mai smesso di stupirmi… pensavo molto, pregavo e a volte vedere questa realtà mi faceva sentire molto impotente, potevo solo tacere. Dopo 16 ore di viaggio o più siamo arrivati alla comunità. Ci hanno accolto molto bene, abbiamo cenato e siamo andati a riposare, il giorno dopo ci aspettava una lunga giornata.
Padre Daniel Antúnez