Se i vaccini di nuova generazione realizzati per contrastare gli effetti dell’infezione da virus denominato SARS-CoV-2 sono una risposta alla pandemia, la libertà di produrli nelle quantità necessarie e di diffonderli nella maniera più ampia possibile è una esigenza che non dovrebbe incontrare ostacoli.
Senza entrare nel merito scientifico delle soluzioni adottate dalle istituzioni sanitarie internazionali e nazionali nell’ultimo anno e mezzo, si è alzata la voce comune di diversi organismi religiosi che pongono all’Unione europea la richiesta – già emersa da varie parti – di concedere la libera produzione dei vaccino anti COVID-19 in ciascun Paese del mondo, sospendendo i diritti di produzione esclusiva riservati alle Società farmaceutiche che (anche con i contributi pubblici) hanno effettuato le ricerche scientifiche e configurato i prodotti che si stanno iniettando nelle aree economicamente più avanzate.
La questione infatti si pone a riguardo delle aree più povere del pianeta, dove fin dall’inizio missionari e volontari della cooperazione, insieme alle espressioni sociali locali, hanno fatto presente che la pandemia avrebbe generato conseguenze sanitarie ed economiche ben più gravi di quelle che si iniziavano a registrare nei Paesi ricchi.
Scrivendo alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, dieci organizzazioni religiose di rilievo internazionale con sede in Europa e in Africa pongono senza mezzi termini una considerazione di base: “La protezione delle persone ovunque deve essere sostenuta dalla volontà politica e da una chiara decisione morale: dare priorità alla vita rispetto al profitto e sospendere i diritti di proprietà intellettuale sulla produzione di vaccini COVID-19.” Mentre si osserva che “La struttura COVAX è molto al di sotto della domanda globale, e la sua capacità di funzionare è già stata ostacolata a causa della carenza di forniture di vaccini.”.
Già Papa Francesco aveva portato all’attenzione l’urgenza di rispondere alle necessità di copertura vaccinale nei Paesi poveri: era l’8 maggio 2021 quando disse “uno spirito di giustizia che ci mobiliti per assicurare l’accesso universale al vaccino e la sospensione temporanea del diritto di proprietà intellettuale; uno spirito di comunione che ci permetta di generare un modello economico diverso, più inclusivo, giusto, sostenibile.” ricorda Don Bosco International, una delle dieci firmatarie della lettera alla Presidente della Commissione Ue.
Si tratta di affermazioni che incontrano una forte resistenza poiché sono facilmente intuibili il riflesso economico e la portata degli interessi dei detentori dei brevetti. Tuttavia non si chiede nulla che non sia già considerato dai diversi legislatori, che pongono fra le condizioni che danno origine dell’istituto brevettuale quella che il monopolio, riservato ai titolari, non sovrasti l’interesse collettivo a disporre dei risultati delle ricerche scientifiche, delle innovazioni risolutive, delle soluzioni produttive efficaci, poiché il bene comune deve prevalere. Anche nel preambolo dei patti commerciali internazionali (siglati TRIPS) che hanno segnato una svolta nel 1994 in tema di tutela brevettuale, leggiamo che “l’accordo stabilisce che i governi possano emettere licenze obbligatorie, permettendo alla concorrenza di produrre il prodotto o di usare il processo” (Wikipedia alla voce Trips; N.d.R.).
Nulla di sconvolgente, dunque, nella logica giuridica condivisa. Ma occorre una pressione della società civile, come scrivono le 10 organizzazioni religiose, perché la politica abbia il coraggio di applicare su scala planetaria una previsione fatta peraltro in tempi non sospetti.
“Con l’offerta globale limitata, molte persone nei Paesi a basso e medio reddito in tutto il mondo non avranno accesso ai vaccini almeno fino al 2022, secondo il British Medical Journal” – si ricorda nella lettera all’Unione Europea – e l’Economist Intelligence Unit riferisce che la maggior parte dei Paesi più poveri del mondo dovrà aspettare fino al 2024 per l’immunizzazione di massa se le tendenze attuali continueranno”.
Infine le organizzazioni religiose richiamano a uno scatto di responsabilità dell’Europa che deve svolgere il ruolo che cerca e che le viene riconosciuto, quello di essere un faro sul piano del rispetto dei diritti umani: “Un’opposizione alla rinuncia TRIPS, tuttavia, non è solo controproducente, ma porta a inutili sofferenze e perdite di vite umane. Le persone stanno morendo e le economie stanno crollando a causa della carenza di vaccini. Con così tante nazioni più povere del mondo che già supportano questa deroga di emergenza, puoi aiutare a mantenere la leadership morale e sanitaria pubblica dell’UE nel mondo schierandosi con la maggioranza per evitare che le norme sulla proprietà intellettuale costino inutilmente vite umane.”
Coinvolti nel mondo attraverso i suoi missionari e le comunità che si sono radicate nel tempo, i salesiani partecipano in maniera drammatica alle sorti delle popolazioni più isolate e più povere, portando il loro soccorso. Brasile, Venezuela, Etiopia, Sierra Leone, India, Sri Lanka… sono i Paesi dove abbiamo soffrire particolarmente la pandemia. Missioni Don Bosco ha registrato nello scorrere delle settimane e dei mesi le conseguenze sugli equilibri familiari, sullo stato di salute degli anziani, sulla dispersione scolastica, sulle economie delle comunità non protette del diffondersi della malattia.